Ponte A Egola, calzaturiere condannato per furti di pellame. La talpa in azienda era il nipote del titolare

L’imprenditore della scarpa commissionava i furti di pellame. A metterli a segno ci pensava una talpa insospettabile: il nipote del titolare dell’azienda. Il sodalizio criminale, però, è finito quando chi l’artefice dei furti è crollato e ha confessato tutto. La vicenda risale al 2004-2005 a Ponte A Egola, quando preziose pelli, anche di pitone, venivano sottratte da Stefano Dani allo zio Luigi Testai, noto imprenditore del Comprensorio. In questi giorni è stato confermato che il mandante dei colpi fosse Andrea Tabani, 58 anni, pratese, in passato titolare di un calzaturificio a Fucecchio e poi nella zona industriale di Ponticelli a Santa Maria a Monte (Pisa). È stata confermata la condanna a tre anni per furto aggravato e respinto il ricorso contro la sentenza di appello che confermava il verdetto del 2011 pronunciato dal Tribunale di Pisa. Fu Stefano Dani a confessare gli episodi di furto di pellame su commissione, dichiarando di averli commessi “unicamente a causa della condotta intimidatoria posta in essere nei suoi confronti dal Tabani”, per poi patteggiare la pena ammettendo di aver rubato importanti quantità merce pregiata ai danni dello zio Testai. La quantità di pellame sottratta sarebbe stata “enorme”, da quanto dichiarato dal reo confesso alla Corte, per furti perpetrati nel corso di tre anni. Tabani, nel suo ricorso alla Suprema Corte, ha chiesto di valutare l’attendibilità di Dani sottolineando la scarsa quantità di pellame appartenente a Testai che gli è stata sequestrata. La versione di Dani è risultata quella più convincente: l’esigua quantità di pelle trovata (per un valore di circa 6.000 euro) non esclude che la parte rilevante della refurtiva fosse stata già smistata dal Tabani. Per altro Testai aveva denunciato la sparizione di enormi quantitativi di pellame di alta qualità, quindi il cerchio si è chiuso: per il mandante non c’è stato scampo. (mvg)

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