Bloomberg, Fortune, Indipendent: il futuro (e i rivali) della pelle

La stampa anglofona si accorge che nel mercato dei materiali per la moda è in corso un fenomeno quanto meno strano: da un lato c’è la pelle; dall’altro ci sono le sue alternative sintetiche. Sarà un caso, ma nel mese di agosto 2019, a breve distanza l’uno dall’altro, Bloomberg, Fortune e the Indipendent dedicano all’argomento un focus. C’è un filo conduttore nelle tre analisi: nel trend di mercato svolge un ruolo determinante la circostanza che il consumatore (spesso) ha le idee confuse sulla natura dei materiali e la sostenibilità dei processi di produzione.

L’analisi di Bloomberg
Nella storia recente dell’industria della moda Bloomberg individua tre filoni che hanno determinato la sfortuna della pelle. Al picco dei prezzi di cinque anni fa, che ha spinto molti produttori a orientarsi verso le alternative sintetiche, si sono aggiunti il boom dell’athleisure (che non ha nella pelle il proprio core business) e la crescente popolarità della moda vegan, che la pelle la avversa apertamente. “Consumatori che un tempo bramavano scarpe e giacche di pelle – scrive il quotidiano statunitense –, stanno ora invece comprando alternative sintetiche, come riflesso di una crescente ambivalenza verso un vecchio pilastro dell’armadio degli statunitensi”. La conseguenza è la contrazione del mercato: le piccole imprese del settore finiscono “out of business”. Il paradosso è che anche sull’impeto della coscienza sostenibile, un materiale circolare come la pelle finisce al macero. Joe Brannan, manager della società di trading Twin City Hide, conferma: “Stiamo ormai conferendo un prodotto naturale in discarica”.

I dubbi di Fortune e the Indipendent
Fortune si chiede se la crescita della vegan leather non sia solo, in fin dei conti, un “fad”, un capriccio del mercato. Il magazine osserva come l’ansia sostenibile del consumatore si stia spostando da quello che mangia a quello che indossa, spingendolo verso alternative presunte green, in realtà sintetiche. “Sembra un ossimoro”, osserva Fortune, ma pur riconoscendo la crescita di proposte di materiali ricavati da matrici bio (per lo più vegetali), la maggior parte dei materiali alternativi è composta da prodotti plastici. In questo senso ci va giù in maniera ancora più pesante the Indipendent: c’è un “problema con la pelle vegana – scrive –: è davvero più sostenibile?”. La risposta della designer Amy Powney (Mother of Pearl) è tranchant: “Quando il consumatore compra faux leather, deve tener presente che fondamentalmente compra plastica”.

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