Agitate, lanciate, scolpite: da Kruscev al femminicidio, quando la scarpa è simbolo di protesta e memoria

La scarpa come simbolo di protesta: un oggetto da brandire, lanciare, appendere, per manifestare le proprie idee. Nel 1960 il segretario del partito comunista russo Nikita Kruscev si tolse una scarpa e la sbattè sullo scranno durante una riunione dell’Onu nel Palazzo di Vetro di New York, in un gesto divenuto icona del Ventesimo secolo. Nel 2008, le scarpe diventano simbolo di protesta a Bagdad, quando un giornalista iracheno lanciò prima una e poi l’altra calzatura verso il presidente USA George W. Bush, che riuscì a schivarle. Nel 2009, a Cambridge, uno studente tedesco tirò una scarpa contro il leader cinese Wen Jiabao. Nello stesso anno, la stessa sorte toccò a Dominique Strauss Khan ad Ankara. Nel 2010 a Sidney il bersaglio fu il premier australiano John Howard. La lista si allunga nel 2013 quando a Il Cairo una scarpa fu indirizzata all’iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Arriviamo al 2014 con la prima donna bersaglio: Hillary Clinton a Las Vegas. Non solo lanci. Nel novembre di un anno fa, migliaia di paia scarpe furono “depositate” a place de la Republique a Parigi per bypassare il divieto di manifestazione imposto dalle misure di sicurezza adottate per la crisi-terrorismo. Le scarpe rosse sono il simbolo per dire no alla violenza sulle donne. Il prossimo 25 novembre sarà la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita nel 1999 dall’ONU. Fu la messicana Elina Chauvet nel 2009 a promuovere il progetto “Zapatos Rojos” che fece il giro del mondo. Le scarpe sono il simbolo di protesta per i familiari delle vittime di incidenti stradali perché è ciò che resta dei loro cari sull’asfalto. Infine il mistero Shoefiti, le scarpe appese ai fili. Ci sono almeno cinque spiegazioni del perché vengano appese le scarpe ai fili, ma ancora non si è arrivati ad un univoco significato. Molto significative sono le scarpe di metallo inserite nel calcestruzzo create nel 2005 da Gyula Pauer e Can Togay sulle sponde del Danubio a Budapest per ricordare cosa è accaduto agli ebrei, uccisi in massa nel biennio 1944-1945 quando venivano allineati sull’argine del fiume e fucilate verso l’acqua. (mv)

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