Niente “vegan leather” per il decano della scarpa sostenibile

Niente “vegan leather” per il decano della scarpa sostenibile

Niente “vegan leather”. Tanto meno prodotti spacciati come green, ma che in realtà sono ad alto tasso di inquinamento. Christoph Mayer ci crede davvero in una calzatura sostenibile. Oggi è il direttore creativo del marchio Think!, fondato nel 1991 in Austria da Martin Koller. Le pelli arrivano in gran parte dall’Italia e nel nostro Paese ha anche una serie di contoterzisti di riferimento.

Il decano della scarpa sostenibile

L’azienda per decenni ha prodotto calzature da uomo e già 30 anni fa ha impostato la produzione secondo una reale sostenibilità. Dal 2000 il brand è parte di Legero United Group. Ma il percorso non è stato semplice: “Allora essere un pioniere era complicato – spiega Koller a Fashion United –. Certi standard per i materiali non esistevano ancora, si cercava pelle conciata al vegetale e la catena dei fornitori era davvero piccola”. Oggi Think! può vantare l’utilizzo per l’85% di pelle conciata senza cromo. “Siamo al 100% senza compromessi – dice Mayer – anche con le pelli di agnello”. Sulla questione della difficoltà di molte realtà ad utilizzare la pelle conciata al vegetale il direttore creativo di Think! ricorda come sia naturalmente più costosa ed è necessaria una maggiore manualità. “In passato, ad esempio, le pelli conciate al vegetale erano meno resistenti alla luce. Se una scarpa – spiega Mayer – rimaneva a lungo nella vetrina del negozio, sbiadiva ed era ovviamente un problema per i rivenditori. Ecco perché alcune persone avevano delle riserve su questa pelle. Nel frattempo, però, molto è cambiato e sempre più rivenditori sono alla ricerca di collezioni sostenibili”.

La vera scelta green: niente vegan leather

Scegliere la pelle conciata è sostenibile? Secondo Christoph Mayer sì. E lo si intende molto bene quando si riferisce alla circolarità della pelle: “Nessun animale viene allevato per ricavare la pelle. È un prodotto di scarto dell’industria della carne. In un’ottica di economia circolare, niente sarebbe peggio che buttare le pelli degli animali invece di lavorarle”. Non prende neanche in considerazione i materiali alternativi alla pelle: “Non importerò nemmeno la pelle di cactus dal Sud America (sic!, l’espressione è proibita in Italia dal Decreto Pelle, ndr). A mio parere non è un’alternativa migliore alla vera pelle europea. Le scarpe realizzate in pelle vegana, e quindi in plastica, non hanno senso dal punto di vista della traspirabilità, della flessibilità, della longevità e quindi anche della sostenibilità e della salubrità”. (aa)

Foto da Think!

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