Un reportage tedesco denuncia le condizioni di lavoro da Zalando

In Germania scoppia il caso Zalando. Lo scandalo, che sta facendo clamore, è nato dal lavoro di una giornalista, Caro Lobig, diventata Julia per non farsi riconoscere, che per tre mesi si è infiltrata nella principale sede logistica della società tedesca, ad Erfurt, dove 2mila dipendenti impacchettano e spediscono quotidianamente migliaia di prodotti ordinati on line dagli utenti per 8,79 euro all’ora. Il documentario, della durata di 20 minuti, documenta le condizioni di lavoro dei magazzinieri: la giornalista ha percorso fino a 27 chilometri a piedi per trasportare e caricare gli articoli necessari durante le 8 ore di lavoro, con pause assenti o ridotte al minimo e l’intervento quasi quotidiano di ambulanze per soccorrere i dipendenti che si sentono male. Secondo la giornalista, l’inchiesta è stata necessaria perché i dipendenti, molti dei quali con contratti a tempo determinato, si rifiutavano di esporsi e ai giornalisti non era permesso visitare la fabbrica. La risposta dell’azienda è arrivata attraverso Facebook: “Ci sono molte emozioni ma bisogna andare al di là di queste”, per poi precisare con un comunicato che: “Dal nostro punto di vista, la descrizione dei fatti non corrisponde alla filosofia dell’azienda e allo stato d’animo dei dipendenti”, anche se verranno analizzati: “I punti sui quali si basano queste critiche per capire se si tratta di errori di sistema o errori individuali”. (mc)

 

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