Storia e dismissione di Vivarte: cosa resta (anche da vendere) del colosso del retail francese?

Anno 2014: nel bilanco del colosso del retail francese Vivarte, il debito complessivo ammonta a 2,8 miliardi di euro, oltre 6 volte il profitto. Si accende la spia rossa. Iniziano lo snellimento del gruppo da 17.000 dipendenti (1.850 verranno pian piano licenziati) e la rinegoziazione del debito. La crisi permane. Febbraio 2017: la questione approda in tribunale. La vendita degli assett è l’unica strada individuata da Patrick Puy, ceo Vivarte, per portare liquidità, sopravvivere nonostante il gigantesco debito accumulato e tornare a generare utili. Uno dopo l’altro, vengono ceduti Pataguas, Kookaï, l’insegna calzaturiera spagnola Merkal e l’altra, storica, catena francese Andrè. Anno 2018: Vivarte cederà, alla fine di marzo, anche Naf Naf  (abbigliamento) ai cinesi di La Chapelle Fashion. E non finisce qui: la vendita di un’altra insegna, Besson, specializzata in calzatura, dovrebbe essere completata a settembre. Non è andata a buon fine invece la cessione di Chevignon (abbigliamento) che resta, almeno per ora, in carico a Vivarte insieme alle catene calzaturiere Minelli, San Marina, CosmoParis e LaHalle aux Chaussures e a quelle di abbigliamento LaHalle e Caroll. Sulla vendita di Andrè a Spartoo non mancano le ombre. La testata francese OBS ha scritto che per “agevolare” la compravendita, Vivarte ha consegnato un assegno di circa 8 milioni di euro al portale Spartoo che si è impegnato a rilevare i 700 dipendenti e tutti i 135 punti vendita di André (con l’eccezione di un negozio parigino). L’operazione dovrebbe essere finalizzata entro il prossimo mese di aprile. (mv)

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