UITIC, le due anime della calzatura portoghese: chi innova per una produzione super-fast e chi coccola l’artigianalità

Tempo di scelte per la calzatura portoghese. Divisa tra chi scommette sulla leva dell’innovazione per velocizzare sempre di più produzione, gestione, logistica e, quindi, consegna del prodotto al cliente e chi, invece, preferisce rinunciare alla rapidità per preservare il valore aggiunto dell’artigianalità della sua scarpa. Questione di strategie. Il gruppo Ricap (nella foto), ad esempio, con i suoi 150 addetti è già capace di produrre tra le 1.200 e le 1.400 paia al giorno. Negli ultimi lustri ha compiuto investimenti per arricchire la confezione di calzature con un brand proprietario, integrando inoltre la manovia con la produzione interna di suole e del packaging. L’obiettivo, nel prossimo futuro, è di accelerare il lavoro introducendo nuove tecnologie e sperimentando nuovi processi: anche a costo di sbagliare e di valutare, dopo percorsi interni di convalida, cosa vale la pena industrializzare e cosa no. La filiera portoghese, come dimostrano le giornate introduttive del 20esimo congresso UITIC (oggi al via con il primo dei due giorni di approfondimento scientifico), quando lo ritiene opportuno, non rinuncia all’artigianalità della manifattura. È il caso del brand Carlos Santos (calzature di segmento alto), la cui produzione (circa 100 dipendenti) è di 400 paia al giorno. “Ma non abbiamo fretta di aumentare – spiegano –: il nostro punto di forza è nella costruzione, non possiamo adottare nuovi macchinari senza valutare come interferiscono con la manualità di cui abbiamo bisogno”

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