L’anno è quello in corso. Il periodo interessato è quello che va gennaio a fine settembre: nove mesi nei quali il Vietnam ha esportato nel mondo scarpe (soprattutto) e accessori in pelle per un valore di circa 13 miliardi di dollari. La crescita è particolarmente sensibile, +11,4% sullo stesso periodo 2016, e pone Hanoi (che è il terzo produttore di scarpe al mondo, dopo Cina e India) nella condizione di osservare l’orizzonte europeo con grande ottimismo. La ragione ha un nome in codice: EVFTA. Traduzione: EU-Vietnam Free Trade Agreement. L’iter burocratico e legislative ne prevede, in Europa, la ratifica da parte degli stati mebri UE nel 2018 e la successiva entrata in vigore a inizio 2019 che prevede l’eliminazione dell’85,6% dei dazi all’importazione dell’UE sui prodotti vietnamiti, valore che dovrebbe arrivare al 99% entro i 7 anni successivi. Ad Hanoi se ne è parlato in un recente incontro governativo tra le parti in causa (si è svolto il 17 novembre), in funzione di come il Vietnam dovrà attivarsi per adeguare la propria produzione alle nuove formule commerciali previste da un accordo che, secondo Phan Thi Thanh Xuan, segretario generale LEFASO (l’Associazione vietnamita dell’area pelle) “porterà grandi benefici al settore, in funzione delle tariffe più basse”. Il tutto, a varie condizioni. Innescare un profondo upgrading tecnologico di processo “per innalzare la qualità della nostra produzione manifatturiera”. Rispettare le regole d’origine imposte dall’accordo. Dimostrare di operare in regime di libero mercato, senza, cioè, drogare la competizione commerciale intascando sussidi pubblici. C’è chi dubita, però, della capacità locale di riuscire a raggiungere, rapidamente, questi obiettivi.
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