APIC chiede a Portogallo e UE di approvare il loro Decreto Pelle

APIC chiede a Portogallo e UE di approvare il loro Decreto Pelle

APIC spera di innescare un effetto domino, nazionale e internazionale, in difesa della pelle. È iniziata lo scorso gennaio la presidenza portoghese del Consiglio dell’Unione Europea. Per questo l’associazione della concia lusitana spera di convincere, al contempo, Portogallo e UE a varare le leggi necessarie a disciplinare l’uso dei termini pelle e cuoio. La fatica è improba: da anni la stessa APIC fatica a farsi ascoltare dal governo portoghese. Come, al contempo, Cotance non riesce a far ascoltare le proprie ragioni a Bruxelles. Ma il contesto potrebbe essere finalmente propizio.

Portogallo e UE

“La mancanza di questa normativa, a livello portoghese ed europeo, è molto dannosa per il settore – spiega a Dinheiro Vivo Gonçalo Santos, segretario generale di APIC – perché consente l’utilizzo dei termini pelle e cuoio per promuovere materiali alternativi, senza che si possa intentare alcuna azione legale nei loro confronti”. Per l’industria della pelle europea ne deriva un danno già valutato da Cotance in 1,7 miliardi di euro l’anno: cioè il 20% del giro d’affari dei bottali si perde a favore di chi produce materiali alternativi usurpandone il nome.

 

 

Come l’Italia

APIC, riporta la stampa, spinge affinché a Lisbona si sblocchi l’iter per il progetto di legge in materia. Il Paese, in questo modo, si metterebbe al pari di Francia, Belgio e Spagna, dotate di una legislazione nazionale. E dell’Italia, dove il cosiddetto Decreto Pelle è in vigore da ottobre 2020. L’associazione lusitana lo scorso autunno ha chiesto al governo di accelerare il percorso di approvazione del progetto di legge fermo al Ministero dell’Economia. Non ha ancora avuto risposta.

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