Il rimedio di APIC al populismo vegano che vuole rovinare la pelle

Il rimedio di APIC al populismo vegano che vuole rovinare la pelle

Se è l’ignoranza “il terreno molto fertile” dove alligna il populismo vegano, cioè quello del “movimento per i diritti degli animali” che vorrebbe cancellare la pelle a favore dei materiali alternativi. Allora solo “la conoscenza” può arginare la deriva e fornire a tutti, consumatori, politici e amministratori, gli strumenti per comprendere come stanno davvero le cose. Ne è convinto Nuno Carvalho, presidente di APIC, associazione portoghese della concia. D’altronde nella propaganda vegana ci sono molti errori logici, osserva: basta segnalarli al pubblico.

Populismo vegano

“Ci sono una serie di tendenze trasversali nella società contemporanea che dimostrano una maggiore attenzione per la sostenibilità e l’ambiente – dice il CEO del gruppo Carvalhos a Dinheiro Vivo–. Il lifestyle vegano è forse uno di quelli che spicca per seguito. I brand, attenti a questi potenziali clienti, sviluppano sempre più prodotti per il segmento”. Il problema, però, è che i radical green basano la loro comunicazione su fake news. E sulle stesse fake news, poi, i marchi costruiscono le strategie di marketing. “Per un vegano la pelle è un bersaglio da abbattere – ammonisce Carvalho –. Ma sulla base di una premessa errata e fuorviante”. Quale? “Che si macellino animali appositamente per ottenere le pelli per scarpe, borse e abbigliamento – risponde –. È un errore tremendo: i capi sono allevati per la carne, l’industria conciaria valorizza un residuo dell’industria zootecnica, altrimenti da smaltire”.

Le fallacie logiche

Non è questo l’unico errore logico del populismo veg. I militanti green, avversari dell’industria conciaria e della pelle, propugnano il cosiddetto “couro vegan” (espressione per fortuna bandita in Italia dal Decreto Pelle). “Non esiste un couro vegan – puntualizza Carvalho –. Esistono prodotti sintetici sviluppati giustappunto per il mercato vegano. Materiali che cercano di sfruttare il prestigio della vera pelle per valorizzare un prodotto che è solo un derivato del petrolio, o un residuo d’altro tipo processato in una resina”. Preferire questa roba a un materiale davvero upcylced è un paradosso: “La preoccupazione del vegano per l’ambiente porta alla produzione e al consumo di articoli con un grado di sostenibilità molto più basso e anche di origine altamente inquinante e non rinnovabile”.

La conoscenza

È “la mancanza di informazioni su cosa sia la pelle e sulla circolarità dell’industria conciaria” che lascia “terreno molto fertile per il populismo dei movimenti per i diritti degli animali”. Per questo APIC invoca maggiore conoscenza per i consumatori e il pubblico in generale. Oltreché per la politica. “Nonostante i nostri sforzi– riconosce Carvalho –, non siamo sempre in grado di trasmettere il messaggio ai nostri funzionari governativi, che si tratti del Ministero dell’Ambiente o di altro tipo. A questo livello, sarebbe necessaria una maggiore vicinanza e conoscenza del territorio”. La pelle, portoghese ed europea, ha fatto molto per aggiornarsi in termini di sostenibilità: che si sappia.

Leggi anche:

CONTENUTI PREMIUM

Scegli uno dei nostri piani di abbonamento

Vuoi ricevere la nostra newsletter?
iscriviti adesso
×