Da 402 a 215 concerie: il distretto di Kanpur si è dimezzato

Da 402 a 215 concerie: il distretto di Kanpur si è dimezzato

Il distretto di Kanpur si è dimezzato. Il numero delle concerie attive (e neanche al 100% della capacità produttiva) è sceso da poco più di 402 a 215, riporta la stampa locale. I fattori di crisi sono tanti. Una cornice politica per niente amica, innanzitutto, e i costi fuori controllo. Combinazione che ha rafforzato la tentazione per gli imprenditori di portare le imprese fuori dallo stato.

I problemi del territorio

È Nayyar Jamal, presidente dell’Associazione dei conciatori di Jajmau, a tenere il bollettino di guerra: “Delle 402 concerie, solo 215 sono ora operative, malgrado ci abbiamo reso gli affari quasi impossibili”. Il messaggio è al governo dell’Uttar Pradesh. Perché, certo, come tutti i poli manifatturieri asiatici, anche quello di Kanpur era chiamato alla difficile (e onerosa) sfida di mettersi al passo con gli standard internazionali di sostenibilità sociale e ambientale. Ma è indubbio che i governi del BJP (partito radicale induista) abbiano fatto di tutto per mettere il bastone tra le ruote a una filiera industriale guidata in prevalenza da musulmani. Cominciando con l’obbligo di prolungata chiusura in concomitanza delle feste religiose induiste e arrivando al divieto di macellazione di bovini nell’Uttar Pradesh, legge che ha sottratto alla concia disponibilità di materia prima.

 

 

Le conseguenze del contesto difficile

La cornice dell’Uttar Pradesh è difficile, dicevamo. Gli imprenditori non hanno tirato i remi in barca: hanno cercato, piuttosto, opportunità oltre confine. Molti, circa 40, hanno investito nel più accogliente distretto di Calcutta (nello stato indiano del Bengala Occidentale). Altri cercano fortuna al di fuori dei confini del Paese, con investimenti diretti in Bangladesh o con partnership in Vietnam e Turchia. Il risultato è che, intanto, il distretto di Kanpur si è dimezzato.

 

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