Dal web alle strade, la campagna UNIC per raccontare la pelle

Dal web alle strade, la campagna UNIC per raccontare la pelle

Comunicare il valore della pelle a un pubblico che conosce la qualità del materiale, ma non il processo conciario. Accrescere l’appeal della pelle presso quella quota di consumatori che, invece, la percepisce come un prodotto ormai scontato, agée. Comunicare in modo trasparente, perché è il presupposto necessario per carpire la fiducia dell’interlocutore. Sono le tre direttrici della campagna UNIC per raccontare la pelle italiana. L’associazione delle concerie italiane ha presentato il 3 dicembre (nel corso dell’Assemblea) Don’t Say Greenwashing, l’iniziativa affidata a Spring Studios per comunicare, su scala globale, la concia. E controbilanciare i danni causati nell’opinione pubblica da chi la pelle la vuole danneggiare.

La campagna UNIC
La premessa è che confusione ce n’è tanta. Ad esempio in un campione di “1.200 persone intervistate in Italia, Germania, Francia e Stati Uniti, la stragrande maggioranza pensa che ovini e bovini sono allevati per la pelle”. Grazie allo stesso campione Spring Studios ha, prima, compreso il percepito della pelle. Poi ha delineato la strategia di comunicazione. La campagna si chiama Don’t Say Greenwashing, dicevamo, perché il primo passo è ribadire che la pelle non è, semplicemente, 100% sostenibile: è la sostenibilità a essere al 100% in pelle. La concia pratica quotidianamente argomenti che per altri settori sono, appunto, greenwashing. La campagna si sviluppa con foto e video sul web. Ma prevede anche attività OOH (Out Of Home, cioè in strada), con cartellonistica e inserzioni pubbliche nelle grandi città della moda durante i grandi eventi di riferimento. In particolare, in location come Londra, Copenaghen ed Helsinki, quando le sigle ostili alla pelle solitamente alzano di più la voce.

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