La schizofrenia della concia pakistana: liberalizzare l’import di prodotti chimici, ma proteggere la materia prima

Non si può dire che il nuovo presidente di PTA, l’associazione pakistana della pelle, sia partito con il piede giusto. Amanullah Aftab si è insediato nel ruolo lo scorso ottobre. In questi giorni sta emergendo nella rassegna stampa internazionale per le richieste fatte a nome della categoria al Governo. Su alcune non esprimiamo giudizi, ma ci limitiamo a registrarle: così il numero 1 di PTA chiede l’abolizione del periodo di quarantena per il wet-blue e la materia prima conciaria importata quando già dotata delle certificazioni necessarie, ad esempio. Ma il signor Aftab casca in una contraddizione da duplice morale quando suggerisce a Islamabad interventi che incidono sull’interscambio internazionale. Prima chiede che sia abolito il dazio accessorio del 20% sull’import di prodotti chimici per la concia, gabella che si somma a una tassa di base del 20% sugli ausiliari chimici e che aggrava i costi di produzione, a discapito della competitività. Ma poi chiede, stando a quanto riporta International Leather Maker, un inasprimento del dazio (oggi del 20% ad valorem) sull’export di pelli grezze e wet-blue, di modo che la materia prima rimanga a disposizione della concia nazionale. Mr. Aftab decida: o gli piace il libero mercato, o il protezionismo. Le posizioni intermedie sono furbe, ma poco coerenti.

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