Progetti africani per rilanciare l’area pelle: la Tanzania chiama l’India, lo Zimbabwe reagisce al crollo

In Tanzania, il responsabile del progetto per lo sviluppo industriale presso la Leather Association of Tanzania, Freddy Kabala, ha invitato possibili investitori indiani a una tavola rotonda per discutere di investimenti nel Paese. Secondo Kabala, la carenza di investimenti ha finora negato importanti guadagni alla Tanzania, le cui esportazioni sono rappresentate per circa il 90% da pellame: “La Tanzania ha meno di 10 piccole e medie fabbriche specializzate che operano al di sotto della capacità, sia nella raccolta che nella lavorazione di pelli grezze” ha spiegato Kabala, spingendo i produttori locali a partecipare alla Fiera internazionale della calzatura in programma dal 2 al 4 agosto a Nuova Delhi. Parallelamente l’alto commissario indiano Robert Shetkintong ha sottolineato che l’ambasciata sta incoraggiando molto gli investitori indiani a volgere lo sguardo verso l’Africa, in vari settori, “tanto che nel 2017 gli investimenti indiani in Tanzania hanno raggiunto i 2,2 miliardi di dollari”. A ritenere che l’industria conciaria, il suo indotto e i suoi clienti possano rappresentare una leva di sviluppo sono anche gli esponenti governativi dello Zimbabwe. Fino al 2000 nel Paese africano sono state prodotte 17 milioni di paia di scarpe, mentre l’attuale livello di produzione ha raggiunto i 2 milioni l’anno: un crollo che ha pesato sia dal punto di vista finanziario che da quello occupazionale, con ricadute sul benessere della popolazione. Per questo il governo ha posto il settore come “prioritario” nella politica industriale nazionale per il quinquennio 2018-2022. A guidare lo sviluppo sarà Zimbabwe Leather Development Council, che gestirà un fondo di rotazione per agevolare l’innovazione tecnologica nelle aziende.

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