Potremmo iniziare così: dove eravamo rimasti? Soggetto: Conceria del Chienti, storica azienda di Tolentino che ha da poco varcato la soglia dei 100 anni di attività. Un traguardo di altissimo livello, soprattutto per le ripetute e drammatiche tribolazioni che ha dovuto affrontare e superare negli ultimi 15 anni. Eravamo, dunque, rimasti a fine 2022, quando (come raccontavamo qui), CTC aveva avviato una vera rivoluzione grazie a una “solida sinergia tra pubblico e privato” – si legge in una nota – . L’assetto societario, infatti, vede il fondo AST Sustainability come socio di maggioranza (51%) accanto a Invitalia (49%), intervenuta attraverso il Fondo Salvaguardia Imprese, promosso dal MIMIT. Ossia, un modello di governance del tutto inedito per il panorama conciario italiano.
Dove eravamo rimasti
Eravamo rimasti, però, anche a settembre 2020, quando Del Chienti, mentre cercava soluzioni di sopravvivenza, aveva esposto per l’ultima volta a Lineapelle, in quell’edizione che passerà agli annali per la particolare formula espositiva, dovuta alla pandemia. Ecco: ora, forte della sua rivoluzione, Del Chienti torna a Lineapelle (dal 23 al 25 settembre a Fiera Milano Rho). E lo fa con un nuovo paradigma produttivo e commerciale, come ci spiega il suo CEO Marco Luppa, che in CTC entrò nell’aprile 2013 per portarla alla liquidazione e, invece, da CTC non è più uscito, riuscendo – insieme ai suoi dipendenti – a salvarla.
CTC torna a Lineapelle
Che significato ha per CTC ritornare a Lineapelle?
Con la precedente gestione di CTC, Lineapelle l’ho fatta 13 volte. L’ultima, nel 2020: l’edizione del Covid. Tornare oggi ha un significato fondamentale. Lineapelle è la vetrina più importante per tutto il mondo che ruota attorno alla pelle, anche a livello tecnologico. Per noi, quindi, significa tornare in questa vetrina con un obiettivo molto semplice: mostrare cosa siamo stati capaci di fare.
Ecco, dunque: cos’avete fatto dalla fine del 2022 a oggi?
Siamo andati oltre le parole e le speranze. Abbiamo concretizzato qualcosa di quasi impossibile, considerando il momento storico che stiamo vivendo. Negli ultimi 26 mesi abbiamo messo a terra 20 milioni di euro di investimenti, nonostante il periodo non incentivi certo investimenti e renda molto complesso fare proiezioni di sviluppo. Abbiamo finanziato un ammodernamento tecnologico totale. Abbiamo trasformato lo stabilimento di Tolentino in una fabbrica 5.0, digitale e interconnessa, con macchinari all’avanguardia come i nuovi bottali in polipropilene, un rivoluzionario sistema di asciugatura a pompe di calore e radiofrequenza, un impianto fotovoltaico da 600 KW e un reparto taglio pellami.
Andare oltre la superficie (della pelle)
Una rivoluzione che cambierà in che modo il vostro approccio alla produzione?
Basiamo tutto su un nuovo paradigma conciario. Vale a dire che misuriamo la pelle in valore di efficienza ambientale ed economica, non in superficie. Questo cambia completamente l’approccio al cliente che diventa un partner. Crediamo che, a maggior ragione oggi, l’aggregazione, la condivisione e il saper stare insieme in modo etico, trasparente e nel rispetto dei ruoli siano le uniche possibilità per vivere in questo settore. Bisogna essere capaci di condividere problemi per condividere soluzioni.
Cosa ne pensate dell’attuale situazione di mercato del settore fashion?
Credo che una crisi di mercato come questa fosse impossibile anche solo da immaginare. I dati e parametri del passato, sui quali costruire una proiezione di crescita, sono molto incerti. I mercati di riferimento dell’alto di gamma e del cosiddetto lusso, come si evolveranno? Esisteranno ancora nelle quantità e modalità in cui li abbiamo vissuti fine a qualche stagione fa? Rispondere, in questo momento non è facile, di sicuro è indispensabile ripensare il modello e l’approccio di questo business rendendolo più snello e flessibile.
I primi frutti della rivoluzione
Quindi, come si può restare a galla in questo mare tempestoso?
Mettendo a frutto tutte le relazioni possibili per parlare in modo diverso di pelle che è un materiale fortemente sostenibile, ma come tutte le cose è migliorabile e ottimizzabile. Quindi, puntando a qualcosa di alternativo rispetto al passato, andando – come detto – oltre la superficie della pelle e osservare come i brand, che sono in piena ristrutturazione, reagiranno a questa nostra proposta. I primi segnali sono incoraggianti.
Che risultati avete ottenuto finora?
Abbiamo numeri reali, certificati che sono finiti anche nel Report di Sostenibilità di Invitalia, come case history. A parità di metri quadrati di pelli lavorate, i dati certificati del 2024 rispetto all’anno precedente mostrano un abbattimento drastico dei consumi. -72% di utilizzo di metri cubi di metano. -54% di utilizzo di metri cubi di acqua. -27% di consumo di kWh di energia elettrica. Quando abbiamo avviato questo percorso, ci siamo posti l’obiettivo di non salvare semplicemente un’azienda, ma di creare un nuovo paradigma. Questi sono i primi frutti del lavoro fatto. (lf)
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