La guerra di Supreme ai legal fake: la sentenza è durissima

La guerra di Supreme ai legal fake: la sentenza è durissima

Una sentenza durissima. Otto anni al padre, tre anni al figlio e una multa da 10 milioni di dollari. Il Tribunale di Londra ha condannato alla reclusione Michele e Marcello Di Pierro nell’ambito della guerra legale tra la loro società (International Brand Firm) e l’americana Supreme. Lo scontro verteva sull’utilizzo del marchio. Secondo l’accusa, i due imprenditori avrebbero creato dei “falsi legali” usando il brand Supreme attraverso una società creata ad hoc per sfruttare il successo del brand statunitense.

Lo schema

Secondo quanto riporta MF Fashion, EUIPO (l’ufficio europeo che si occupa di proprietà intellettuale) ha autorizzato lo scorso agosto la registrazione del marchio Supreme nei 27 Paesi membri dell’UE. Ora il brand, acquisito di recente da VF Corp, conta 432 registrazioni in 126 giurisdizioni. In Europa lottava soprattutto contro due “cloni”: Supreme Italia e Supreme Spain. Entrambi fanno capo a International Brand Firm (IBF), società con sede a Londra (ma italiana di fatto) che ha registrato il marchio Supreme in circa 50 Paesi tra cui Italia e Spagna. Non solo: ha esposto a Pitti Uomo nel gennaio 2016 e ha aperto “legalmente” dei negozi. IBF aveva registrato il marchio Supreme in Europa prima che a dicembre 2020 arrivasse la richiesta di registrazione di Supreme NYC da parte dell’azienda statunitense effettivamente proprietaria del brand.

 

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La sentenza è durissima

La guerra legale è ora giunta a una prima conclusione. Come riporta bloomberg.com, il giudice del Tribunale di Londra Martin Beddoe ha condannato il 53enne Michele Di Pierro e il figlio Marcello, titolari di IBF, rispettivamente a 8 e 3 anni di carcere. La condanna prevede, inoltre, una sanzione pecuniaria di circa 10,4 milioni di dollari. Secondo il Tribunale, IBF avrebbe “dirottato ogni aspetto dell’identità dell’azienda e l’hanno plagiata“.

La replica

Bloomberg.com spiega che l’avvocato che rappresenta Marcello Di Pierro avrebbe rifiutato di commentare. Il padre Michele avrebbe, invece, spiegato con una dichiarazione via e-mail che l’accusa di Supreme, iniziata nel 2019, è stata un “assalto molto grave e ingiustificato”. Tra l’altro, contraddistinto da “accuse assurde, infondate e calunniose di contraffazione di marchi registrati”.

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