Antitrust, multa da 3,5 mln ad Armani per pratica scorretta

Antitrust, multa da 3,5 mln ad Armani per pratica scorretta

Multa da 3,5 milioni di euro ad Armani per pratica commerciale ingannevole. L’AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato) annuncia di aver irrogato alle società Giorgio Armani e G. A. Operations una maxi multa per aver “reso dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale non veritiere”. Le dichiarazioni al centro del caso riguardano in particolare la responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori e della loro sicurezza. Responsabilità che si enfatizzava nel Codice etico delle società consultabili sul sito Armani Values (www.armanivalues.com). Affermazioni che contrastano con quanto emerso dall’inchiesta sul caporalato dell’aprile 2024 che ha portato al temporaneo commissariamento delle società. Il gruppo della moda ha annunciato l’intenzione di impugnare il caso al TAR.

Multa da 3,5 milioni

“Dall’attività istruttoria dell’Autorità è emerso, da un lato, che le società hanno enfatizzato la loro attenzione alla sostenibilità come strumento di marketing utilizzato per rispondere alle crescenti aspettative dei consumatori”, si legge da Agcm. Da alcuni documenti acquisiti nel corso delle ispezioni, “emerge con evidenza l’obiettivo di aumentare la percezione positiva del brand dal punto di vista della sostenibilità … e dal punto di vista commerciale … portare il cliente a fare acquisti consapevoli anche dei ‘valori’ veicolati attraverso i nostri prodotti”. Le dichiarazioni erano state “presentate in modo non chiaro, specifico, accurato e inequivocabile”. Quindi con lo specifico intento di tranquillizzare i clienti sui temi della sostenibilità. Ma l’inchiesta del 2024 riporta un quadro più critico di quello descritto da Armani Values.

Le esternalizzazioni

“Le società hanno scelto di esternalizzare larga parte della propria produzione di borse e accessori in pelle a fornitori che, a loro volta, si sono avvalsi di subfornitori. Presso questi ultimi – specifica l’Antitrust – in diversi casi, è emerso che erano stati rimossi i dispositivi di sicurezza dai macchinari per aumentarne la capacità produttiva”. Le società subfornitrici  “impiegavano spesso i lavoratori “totalmente o parzialmente in nero” e in condizioni igienico-sanitarie “non adeguate”. L’ambiente di lavoro “al limite dell’accettabilità” e, in altri casi con “forti perplessità sulla loro adeguatezza e salubrità” sono state annotate anche in  un documento interno alla Giorgio Armani spa del 2024. Documento precedente all’apertura della procedura di amministrazione giudiziaria richiesta dalla Procura della Repubblica di Milano.

Armani impugnerà la decisione

Non si è fatta attendere la risposta netta da parte di Giorgio Armani che “accoglie con amarezza e stupore la decisione dell’AGCM”. La maison annuncia che impugnerà il caso davanti al TAR, “nella certezza di aver sempre operato con la massima correttezza e trasparenza nei riguardi dei consumatori, del mercato e degli stakeholder, così come dimostrato dalla storia del Gruppo”. Secondo Armani la decisione dell’AGCM “non tiene in alcuna considerazione il decreto con cui il Tribunale di Milano ha revocato, anticipatamente, l’amministrazione giudiziaria di GAO, riconoscendole che, una volta analizzato approfonditamente i sistemi di controllo e vigilanza utilizzati da tempo dal Gruppo Armani nei confronti della filiera”. (mvg)

Foto Armani

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