Argentina, l’import “distrugge la manifattura in pelle ”: +51,5% in 2 mesi, 5.000 licenziamenti in 2 anni

CIMA, acronimo di Cámara de las Manufacturas del Cuero y Afines, è la compagina associativa che, in Argentina, rappresenta il “variegato mondo della pelletteria e degli accessori in pelle”. Manifatturieri che, per voce del loro presidente, Ariel Aguilar, lanciano l’ennesimo grido d’allarme. Sintesi: “Attenzione, peggio di così si muore”. Il riferimento è alle politiche liberiste del governo di Mauricio Macri che, secondo CIMA, stanno facendo esplodere l’import di accessori in pelle. Il riscontro statistico dei primi due mesi 2018 parla di un +51,5%, valore che dimostra, dice Aguilar, “come si stia distruggendo la manifattura locale, portando alla chiusura di fabbriche e alla perdita di migliaia di posti di lavoro. Negli ultimi due anni i licenziamenti sono stati compresi tra le 2.500 e le 3.000 unità e se consideriamo anche l’industria calzaturiera, arriviamo a 5.000: questi licenziamenti hanno a che fare con determinate politiche che mirano ad aumentare le importazioni e a ridurre i consumi”. Affermazione circostanziata dai dati: “Il consumo nel nostro settore nel 2016 è diminuito del 20% e nel 2017 del 10% – continua Aguilar -. Il 70% dei prodotti in pelle venduti in Argentina sono importati e solo il 30% è fabbricato sul mercato interno. Cinque anni fa il rapporto era inverso: 70% nazionale, 30% importato”. Nella foto, le vetrine di due negozi di accessori e abbigliamento in pelle a Buenos Aires.

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