“Penso che sia molto negativo che lo Stato si immischi nella gestione delle aziende private. Di solito porta al disastro”. È uno dei graffi più profondi che Bernard Arnault, boss di LVMH, ha inflitto ai senatori durante un’attesa audizione parlamentare che si è svolta ieri mercoledì 21 maggio. I media francesi raccontano di un confronto teso, conflittuale, dove non sono mancati reciproci scambi di accuse. Si è parlato del business di LVMH, dei licenziamenti e dei dazi. E Arnault non le ha mandate a dire.
L’audizione al Senato
L’inizio dell’audizione non è stato incoraggiante. Arnault si dice “un po’ scioccato” dal titolo in prima pagina del quotidiano L’Humanité, secondo cui il lusso sta tagliando posti di lavoro. Nel mirino del miliardario francese, che ha contestato la notizia, c’è Fabien Gay, direttore della testata e relatore della commissione al Senato francese, che replica in maniera altrettanto secca. Arnault elenca gli investimenti compiuti in Francia, il contributo fiscale (4 miliardi di euro per il bilancio 2023 di LVMH), il numero dei dipendenti francesi (40.000) e perfino il decisivo contributo per la ristrutturazione di Notre-Dame a Parigi. Ma Gay porta la discussione sulla questione dell’ottimizzazione fiscale. Arnault si oppone: “Dovremmo chiudere la nostra filiale a Panama per evitare l’ottimizzazione fiscale?”. Per poi ribadire come LVMH sia probabilmente il gruppo più patriottico di tutti quelli che formano il CAC 40 e “quello che paga di gran lunga più tasse in Francia”. Lo riporta Le Figaro.
La questione licenziamenti
Poi viene chiamato a spiegare i licenziamenti previsti nella divisione liquori di LVMH. E Arnault ribatte ancora: “Abbiamo la responsabilità morale di non effettuare licenziamenti, ma non possiamo essere costretti a mantenere lo stesso numero di posti di lavoro quando la situazione economica è difficile”. Ma la parte più spigolosa arriva subito dopo, quando al numero uno di LVMH viene chiesto cosa ne pensa dell’appello di Emmanuel Macron rivolto alle aziende francesi affinché sospendano i loro investimenti negli USA dopo l’annuncio dei dazi. Arnault ha risposto di non voler “fermare l’espansione e l’insediamento” di LVMH oltreoceano che, tra l’altro, “già esisteva”. Poi ha affilato la spada: “Penso che sia molto negativo che lo Stato si immischi nella gestione delle aziende private. Di solito porta al disastro”.
La risposta ai dazi
Ma Arnault non si è accontentato ed è passato a criticare l’Europa, affermando che i negoziati con Washington sui dazi sono partiti “male”. Lo riporta il Financial Times. “I negoziati devono essere condotti in modo costruttivo… e quindi con concessioni reciproche. Avete visto cosa hanno fatto gli inglesi, che hanno negoziato molto bene. Spero di riuscire a convincere l’Europa, con le mie limitate risorse e contatti, ad assumere una posizione altrettanto costruttiva. Se minacciassimo [Donald Trump], otterremmo il risultato opposto” ha affermato Arnault. (mv)
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