Copia i modelli, vessa i fornitori: tutte le accuse contro Shein

Copia i modelli, vessa i fornitori: tutte le accuse contro Shein

H&M, Temu, il congresso USA: tutte le accuse contro Shein. L’ultimo a citare in giudizio il gigante cinese è i big svedese del fast fashion, che punta il dito contro la “sorprendente somiglianza tra i nostri prodotti e i loro, a dimostrazione del fatto che sono copiati“. Qualche giorno prima è stata Temu a intentare una causa con Shein per “abuso di posizione dominante” negli States. È la seconda causa tra i due giganti cinesi. Ancora prima, il 13 luglio, tre designer indipendenti hanno citato Shein per violazione del copyright. Mentre negli USA, anche in vista di una possibile quotazione di Shein, il Congresso chiede al gruppo cinese di certificare che tutti i suoi prodotti fabbricati in Cina non facciano ricorso a lavoro forzato uiguro.

Le accuse contro Shein

Shein, che rilascia fino a 6.000 nuovi stili al giorno, ha diverse gatte da pelare. Solo nel mese di luglio è stato citato in giudizio tre volte. L’ultima da H&M, che ha portato il colosso cinese in tribunale a Hong Kong per violazione della proprietà intellettuale. H&M prende di mira sia la società madre di Shein, Zoetop Business, che Shein Group. E afferma senza mezzi termini che Shein avrebbe copiato i suoi prodotti. La notizia, riportata da WWD, è in scia con la causa per violazione del copyright intentata contro Shein il 13 luglio da tre artisti indipendenti in California. Anche in questo caso l’accusa sostiene che Shein ha prodotto, distribuito e venduto copie esatte delle loro creazioni, violando il copyright.

 

 

Pratiche sleali

Il 19 luglio Reuters scriveva che l’e-tailer cinese Temu ha accusato Shein di “abuso di posizione dominante”, perché costringe i fornitori a non lavorare per la concorrenza. Ciò si traduce per Temu in costi più alti e minor scelta, a detrimento delle sue possibilità di espansione negli USA. Un portavoce di Shein ha risposto che la causa di Temu è “priva di fondamento”. Le due aziende sono già impegnate in un contenzioso presso il tribunale federale di Chicago. In questo caso, Shein sostiene che Temu avrebbe ingaggiato influencer per denigrarla sui social media.

Il lavoro forzato

Anche il Congresso degli Stati Uniti, in vista di una possibile IPO del colosso cinese, sta intensificando la pressione su Shein. In particolare, scrive CNN, alcuni parlamentari vorrebbero che Shein certificasse che tutti i suoi prodotti fabbricati in Cina non facciano ricorso al lavoro forzato uiguro. È poi trapelata la notizia che Shein ha speso nel secondo trimestre 2023 600.000 dollari in attività di lobbying per influenzare i legislatori USA. (mv)

Foto Shutterstock

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