E chi se lo dimentica più il grande shock dei costi

E chi se lo dimentica più il grande shock dei costi

Il grande shock dei costi. Che sono saliti dappertutto, a ogni step della filiera, dalla produzione agli scaffali delle boutique. Si pensi alla produzione conciaria. Prendendo come riferimento il mese di settembre, UNIC – Concerie Italiane ha calcolato che i costi dell’energia (gas ed elettricità) sono cresciuti in media del 360%. Bella batosta. E quelli della depurazione delle acque? Del 42%. Quelli dei prodotti chimici del 31% e quelli delle lavorazioni conto terzi del 24%. Lo scenario inflattivo non perdona e agisce come una doppia leva con il caro energia. A valle della filiera, il lusso è il segmento che risente meno del contesto. Tutti gli altri hanno un problema da affrontare, visto che intanto i consumi si riducono. Il 2023 sarà il banco di prova.

Marginalità ridotta

Secondo CNMI (Camera Nazionale della Moda Italiana) da gennaio a ottobre lungo la filiera i costi sono saliti del 9,2%. I prezzi al consumo, invece, sono cresciuti, in media, del 3%. Questo vuol dire che la marginalità delle aziende si è ridotta. Il timore è che un ulteriore aumento dei listini di vendita comprometta la competitività della moda italiana all’estero. Un discorso valido per tutti, ma non per il lusso. I top brand non soffrono il grande shock dei costi, perché detengono il potere di determinazione dei listini. Di più: hanno la facoltà di usarlo a propria discrezione. Secondo il gestore patrimoniale svizzero GAM: “L’inflazione aumenta l’appeal del lusso in termini di investimento”.

Gli aumenti dal lusso al fast fashion

La domanda che ne consegue è: il lusso sta diventando sempre più inaccessibile? Secondo il sito web di analisi e marketing Edited, citato da Nss Magazine, i prezzi medi globali del lusso sono ai massimi degli ultimi quattro anni. In media sono cresciuti del 7% rispetto al 2020 e addirittura del 25% sul 2019. Quattro anni fa una t-shirt in cotone con il logo Prada costava 740 dollari. Oggi ne costa 924. Un caso emblematico è quello di Hermès, sempre più prudente dei suoi competitor nel ritoccare i prezzi. Negli ultimi anni ha praticato un solo aumento di prezzo (a inizio anno) nell’ordine dell’1,5-2%. Quest’anno l’aumento è stato di circa il 4%. E ha annunciato aumenti compresi tra il 5 e il 10% per il 2023. Gli altri top brand del lusso (Chanel su tutti) hanno praticato aumenti più incisivi. Il trend, però, non riguarda solo il lusso. Anche le catene del fast fashion hanno aumentato i prezzi in un’ottica, dicono, di “sostenibilità”. Tutta la moda, insomma, costa di più.

Il peso dell’inflazione

Ma quanto ha pesato l’inflazione nel 2022? Confesercenti scrive che “nel 2022 l’inflazione ha ridotto di altri 7,2 miliardi la spesa totale delle famiglie”. Un trend destinato a proseguire nei prossimi anni. Se nel 2022 l’aumento dei prezzi è stato in media dell’8%, nel 2023 sarà del 5,1%, nel 2024 del 4% e nel 2025 del 2,9%. Alla fine del prossimo anno i redditi delle famiglie arretreranno sui livelli del 2016. E i consumi? (mv)

In foto, dal web, calzature Blahnik

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