È finita l’era dello stilista-star. Il direttore creativo torna al servizio del brand e il prodotto al centro della moda. Lo dicono, ad esempio, le nomine di Jonathan Anderson da Dior e Matthieu Blazy da Chanel, così come quella di Glenn Martens da Maison Margiela, di Michael Rider da Celine. “Se tutti i marchi cambiano direttore creativo, non è perché hanno trovato la soluzione, ma perché nessuno l’ha trovata” commenta sarcasticamente Jonathan Siboni, esperto del lusso e fondatore di Luxurynsight.
È finita l’era dello stilista-star
Gli analisti del settore lusso ritengono che l’era in cui imperavano i designer-star, quella degli anni ’90 e 2000, sia ormai terminata. Qualcuno dice che gli stilisti attuali hanno meno personalità rispetto a John Galliano o a Karl Lagerfeld, solo per fare due esempi. Erano due direttori artistici famosi almeno quanto le maison per le quali creavano. Ora si torna al prodotto, al designer che è al servizio del marchio. “Perché i brand cercano di creare più valore. Hanno bisogno di recuperare un vero valore aggiunto. Questo è esattamente quello che chiede oggi il cliente: meno show e più stile”, commenta Alice Feillard, direttrice acquisti uomo delle Galeries Lafayette a Fashion United.
Un problema profondo
Siboni è certo che cambiare direttore creativo non funzionerà per tutti i marchi. “Con il contesto attuale, cambiare direttore artistico non è razionale. Stai cambiando il modo in cui il marchio si esprime – spiega l’esperto del lusso – ma questo da solo non stimolerà le vendite in un mercato in rallentamento. Questa volta, il problema è più profondo. Quindi sostituire il direttore artistico non lo risolverà. Assumere il direttore creativo perfetto non sarà sufficiente senza un piano razionale e strutturato”. Lo riporta Fashion Network. Secondo lo stesso Siboni negli anni passati, quando un marchio perdeva slancio, cambiare direttore artistico aveva senso per riaccendere l’entusiasmo. Ma oggi non può più funzionare come unica reazione.
“Servono tre anni”
Una visione che viene confermata proprio da un designer. Rocco Iannone, direttore creativo del marchio Ferrari, afferma che il periodo minimo necessario affinché uno stilista possa incidere è di tre anni. “Invece spesso la sostituzione arriva dopo due collezioni. Cambiamenti così continui e repentini non fanno bene alla moda. Non basta uno schiocco di dita per far fiorire le idee” afferma lo stilista in una intervista a Fashion Magazine. Poi rincara la dose: “La verità è che si dovrebbero prendere decisioni con maggiore serietà quando si nominano i vertici creativi… Oltre al tempo, l’industria del lusso richiede conoscenza, comprensione. Non si può pretendere che generi i profitti con le modalità della grande distribuzione”. (mv)
Foto Dior, Chanel, OTB
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