L’ecopelle non esiste: in Brasile tornano le ronde di CICB contro le diciture truffaldine, blitz nei negozi e cartellini sotto inchiesta

Ad aprile hanno pattugliato lo stato di São Paulo, mentre per il mese di maggio hanno in programma di battere le strade degli stati di Rio de Janeiro e del Minas Gerais. Setacciano i negozi, perlustrano le schede tecniche dei prodotti in vendita, scrutano le comunicazioni tra produttori e retailer. Tutto al fine di individuare e segnalare gli usi impropri di termini quali ecopelle, similpelle, pelle sintetica e via discorrendo. Sono i “vigilantes” del Leather Law Blitz, il reparto scelto di CICB (l’associazione brasiliana dell’industria della Concia), che ha la missione di tutelare il rispetto della legge 4.888/65, quella che in Brasile definisce l’impiego della definizione pelle, sanzionandone gli abusi. Le operazioni della task force di CICB, che quotidianamente monitora pubblicazioni giornalistiche e di portali web, non sono una novità. È la settima missione dal 2013, per un totale di 16.000 negozi ispezionati. Quella contro la truffa dell’ecopelle (perché di questo si tratta quando si spaccia un materiale sintetico per qualcosa che non è – cioè un parente della pelle – con qualità che non è dimostrato avere – maggiore sostenibilità) è una battaglia infinita. Che, da questo lato dell’Atlantico, coinvolge anche UNIC. Costantemente impegnata con il suo ufficio legale a far rispettare le disposizioni nazionali (vedi la 11427:2015 dell’UNI, l’Ente Italiano di Normazioni) e internazionali (da ultima la direttiva comunitaria 2005/29) che definiscono con esattezza cosa si possa definire pelle e che cosa no. Brand di moda, del design e dell’auto, retailer e testate giornalistiche, spesso e volentieri fanno finta di non conoscerle. Tocca all’Unione Nazionale dell’Industria Conciaria stanare gli abusi.

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