Settembre 2026: la scure di Bruxelles sul greenwashing

Settembre 2026: la scure di Bruxelles sul greenwashing

Greenwashing: l’Europa concede 2 anni e mezzo ad aziende e professionisti per cancellarlo dai loro comportamenti. Dal 27 settembre 2026 infatti entrerà in vigore una sorta di “black list” che elencherà le pratiche commerciali sleali, considerate come greenwashing. Per cui non si potrà più dire e né tanto meno etichettare un prodotto definendolo “green”, “ecologico”, “sostenibile”, “ecocompatibile”, “rispettoso dell’ambiente” se non si hanno prove certe. Le microimprese (con meno di 10 dipendenti e con un fatturato annuo non superiore a 2 milioni di euro) sarebbero escluse dalla normativa. Le PMI avrebbero un anno in più per conformarsi rispetto alle aziende più grandi. Ecco tutti i dettagli di quella che può essere definita –  almeno nelle intenzioni – la scure di Bruxelles sul greenwashing.

La scure di Bruxelles sul greenwashing

Nell’ultima settimana ci sono stati due distinti provvedimenti riguardanti la lotta dell’Europa al greenwashing. Nella Gazzetta Ufficiale UE del 6 marzo 2024 è stata pubblicata la direttiva 2024/825/UE che, in riferimento alla tutela dei consumatori, inserisce il greenwashing. La direttiva integra la cosiddetta black list, che riepiloga le condotte commerciali vietate capaci di indurre in errore l’acquirente, come la durabilità e la riparabilità del prodotto. Oppure il vantare l’assenza di una sostanza chimica in realtà vietata o l’assenza di plastica all’interno di fogli di carta. Come precisa Italia Oggi, questa direttiva chiede agli Stati membri di adottare e pubblicare entro il 27 marzo 2026 le misure necessarie per conformarsi alle nuove regole. Impone, anche, di applicarle dal 27 settembre dello stesso anno.

Il secondo provvedimento

Ieri (martedì 12 marzo 2024), il Parlamento europeo ha approvato un documento che integra la direttiva prima citata. Il testo prevede l’istituzione di un sistema di verifica e pre-approvazione delle dichiarazioni ambientali. In altre parole: ogni Paese membro dovrà istituire una commissione che valuterà le prove portate dalle imprese a sostegno delle loro dichiarazioni green. Il testo prevede anche sanzioni per le imprese che non rispetteranno le regole, come l’esclusione temporanea dalle gare d’appalto pubbliche, la perdita dei ricavi e ammende pari almeno al 4% del fatturato annuo. “Gli studi dimostrano che oltre il 50% delle dichiarazioni ambientali sono vaghe, fuorvianti o infondate. Non possiamo parlare di parità di condizioni per i nostri imprenditori se alcuni attori di mercato stanno barando” è il commento del relatore della commissione per il mercato europeo, Andrus Ansip. (mv)

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