Trade war, la Cina dice basta: “22 trilioni di import in 10 anni”

Trade war, la Cina dice basta: “22 trilioni di import in 10 anni”

Il momento è opportuno perché la Cina, sotto certi aspetti il più grande mercato globale, normalizzi i rapporti internazionali. Mentre a Washington si insedia l’interlocutore giusto, per Pechino, perché dalla guerra commerciale si passi a negoziati più costruttivi. Insomma, la Cina dice basta al trade war. E riconosce che i livelli di import di beni e servizi nei prossimi 10 anni saranno alti, sfiorando i 22 trilioni di dollari. Mentre gli analisti scommettono che la presidenza Biden spingerà il Partito Comunista Cinese a una nuova stagione di riforme.

Basta al trade war

Che le intenzioni cinesi siano distensive lo ha detto in pubblico lo stesso presidente Xi Jinping. Intervenendo con un video-messaggio al China International Import Expo (5-10 novembre) di Shanghai, il leader del PCC (nella foto Shutterstock) ha parlato della necessità di un approccio più costruttivo all’economia aperta. Non solo: ha invocato un passo oltre la stagione del protezionismo. Stando a Reuters, Xi Jinping ha rassicurato l’uditorio sul coronavirus, che la Cina tiene sotto controllo, e sui prossimi passi che il governo intraprenderà. “Con una popolazione di 1,4 miliardi di persone e un ceto medio di oltre 400 milioni, la Cina è il mercato più grande e dal più alto potenziale – sono le sue parole –. L’import del Paese nei prossimi 10 anni dovrebbe raggiungere i 22 trilioni di dollari”.

 

 

Il rapporto con gli USA

La Repubblica Popolare è alla vigilia del Singles’ Day, evento novembrino che, collegandosi a Black Friday e Cyber Monday, apre alla stagione della scontistica e dà la misura di quanto i cinesi siano disposti a spendere. Nell’anno della grande pandemia, è interessante conoscere la risposta. Intanto, Xi Jinping sa che per arrivare all’apertura di cui parla è importante che Pechino distenda i toni, alleggerisca le restrizioni e dia alle imprese straniere le garanzie che richiedono. Dalla Cina, d’altronde, sono certi che la presidenza Biden, con il suo orientamento alla diplomazia (e non alla trade war), spingerà Pechino a una stagione di riforme. “Il partito di Biden rappresenta gli interessi delle grandi corporation americane, delle aziende hi-tech e delle società finanziarie”, commenta con SMCP Sheng Liugag, docente del Dipartimento di Economia della Chinese University of Hong Kong. La logica è quella dello scambio tra prodotti e servizi finanziari: “Se la Cina si apre – conclude –, le banche americane potranno penetrare, dal momento che è la finanza l’arma forte degli States”.

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