Momenti di verità su Essilux, i trapper dell’Artico, il labelling

Momenti di verità su Essilux, i trapper dell’Artico, il labelling

Su tre argomenti (molto distanti tra loro, ma tutti delicati) la rassegna stampa della settimana ci regala momenti di verità. Partiamo da chi è più vicino al nostro mondo, il gigante dell’occhialeria Essilux: che apre a nuove acquisizioni ma non nella moda. C’è poi la crisi dei trapper dell’Artico, comunità indigena canadese che tradizionalmente si sostenta sul mercato della pelliccia. Ma che ora vede le fondamenta della propria economia vacillare. Chiudiamo con l’annosa questione (in questo caso nella cornice dell’industria del food) del labelling, e delle sue insidie paradossali.

 

 

Consigli di lettura:

  • È un momento di concentrazione del mercato: Essilux intende fare la propria parte e procedere con acquisizioni. Ma non nel mondo della moda: a chi gli chiede se il gruppo possa entrare nel capitale di società come Armani, il CEO Francesco Milleri risponde: “Non è nel nostro DNA. Se entrassimo (e non ne abbiamo la minima intenzione) nel mondo del lusso, inizieremmo a essere concorrenti di tutte le licenze che si affidano a noi per la categoria degli occhiali – riporta Fashion Network –. Vorrebbe dire avere discussioni o maggiori difficoltà di relazione con Chanel, Bulgari, Prada, Dolce & Gabbana, Versace, Michael Kors, una lista enorme”;
  • A proposito di momenti di verità, National Geographic ne offre uno sulle conseguenze sulle società tradizionali della demonizzazione della pelliccia da parte di molti brand della moda. “La fine totale delle attività di caccia avrebbe un costo enorme per le comunità indigene. Nel Canada settentrionale la caccia e le sue tradizioni precedono nel tempo il commercio di pellicce e sono una parte vitale dell’identità culturale di molte persone”;
  • A proposito di labelling, siamo abituati a sentir parlare di green washing. Dovremmo sapere, quindi, che non bisogna mai fermarsi agli slogan commerciali dei brand, bisogna sempre fare un passo avanti e verificarne tutte le implicazioni. (per esempio quando i marchi del fast fashion si presentano come “conscious”: in che senso?). Il paradosso è che, stando a quanto scrive Food Navigator, bisogna stare molto attenti anche a quanto raccontano le persone sulle proprie attitudini di acquisto e consumo. Non sempre dicono il vero.

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