C’è un posto dove mai e poi mai ci saremmo aspettati di trovare resti di pelle: in un nido di gipeto. Dove alcuni ricercatori hanno rinvenuto un esemplare di espadrillas. Ecco che questo questo ci offre una ulteriore dimostrazione come le proprietà e la durabilità delle pelle non sono apprezzate solo dagli essere umani. Sette secoli in una scarpa.
Sette secoli in una scarpa
Il biologo Sergio Couto dell’Università di Granada è andato alla ricerca dei nidi di gipeto, anche detto avvoltoio barbuto, una specie tra le più rare. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Ecology. Un team di ricercatori ha analizzato 12 nidi abbandonati di questo esemplare che si nutre di ossa. Nei nidi è stato ritrovato di tutto. Ma l’oggetto più curioso, e storicamente più significativo, è una espadrilla in pelle risalente a sette secoli fa (fine del XIII° secolo). È stato ritrovato anche un pezzo di pelle conciata e dipinta risalente allo stesso periodo che ricorda una maschera.
Le motivazioni
“Gli avvoltoi usano i materiali per costruire o riparare il nido e proteggere i pulcini durante l’incubazione”, spiega a El Pais Antoni Margalida, autore principale dello studio e ricercatore del CSIC presso l’Istituto Pirenaico di Ecologia. Insomma, anche il gipeto si è accorto della proprietà della pelle, della sua funzione e durabilità. Non a caso l’espadrilla ritrovata è sopravvissuta molti più anni della famiglia di avvoltoi che l’aveva portata nel loro nido.
I precedenti
La ricerca conferma una verità ben nota: sia le calzature che la pelle conciata sono due invenzioni che accompagnano la nostra specie da secoli. La loro durabilità è quasi inaspettata. A Revista del Calzado, il ritrovamento dei pezzi di pelle nei nidi di gipeto ricorda la scarpa della grotta di Areni, in Armenia, che oggi è la calzatura chiusa più antica finora conosciuta, risalente a oltre 5.500 anni fa. Era perfettamente conservata e con un design molto attuale. Pelle e calzature accompagnano la storia dell’umanità da millenni. (mv)
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