Palmieri (Piquadro): “Potevo comprare un brand, ma non l’ho fatto”

Palmieri (Piquadro): “Potevo comprare un brand, ma non l’ho fatto”

L’occasione per comprare un brand e arricchire il gruppo, che già conta sul brand eponimo Piquadro, su TheBridge e su Lancel, si era prospettata. Ma le condizioni per chiudere l’affare in modo che non fosse troppo oneroso (e azzardato) non si sono verificate. Per questo il patron Marco Palmieri (in foto) ha preferito chiudere la trattativa con un nulla di fatto. Ecco perché.

Comprare un brand

Palmieri racconta l’aneddoto dal palco del XIV Roundtable organizzato il 10 ottobre a Milano da Fashion Magazine Italia. “Di solito quando ci sono opportunità per chiudere acquisizioni, a patto che riguardino brand dall’identità forte come piacciono a noi, le cogliamo – sono le sue parole –. Di recente mi hanno offerto un marchio che poteva fare al nostro caso”. Però? “Con l’esperienza, prima aprendo il capitale di Piquadro e poi diventando gruppo, ho imparato che la governance è fondamentale – continua Palmieri –. Guardandomi intorno, mi sono reso conto che avrei dovuto affidare il nuovo brand allo stesso management, che è già sufficientemente sotto pressione. Mentre in questa fase di mercato il debito è costoso e trovare il capitale tutt’altro che facile”. Per queste ragioni l’imprenditore ha rifiutato l’affare.

 

 

Il gruppo Piquadro resta com’è

Il fondatore e CEO di Piquadro spiega che la stella polare della sua azione imprenditoriale è l’identità del brand. “Avercela, cioè essere forti su certi canali o su certe categorie di prodotto, è una forma di resilienza. Non è alla portata di tutti avere la stessa presenza su ogni canale e territorio – afferma –. Dal mio punto di vista, meglio fatturare 100 milioni in due mercati che farne altrettanti su cento mercati diversi”. L’identità può essere un limite, riconosce, “alla scalabilità, innanzitutto”. Ma è anche un baluardo: “Mi è capitato di provare strategie troppo aggressive in Paesi o su prodotti dove non avevo la governance e l’esperienza necessarie – continua –: ho fatto disastri. L’identità di brand, al contrario, garantisce quote di fatturato “e quindi di investimenti”, che permettono al gruppo di crescere “con valide operations e la governance necessaria”.

 

 

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