Burberry, per Gobbetti c’è il problema della sostenibilità finanziaria. Quella dei materiali la certifica anche ICEC

Marco Gobbetti, appena insediatosi al ruolo di ceo di Burberry, ha già una grana da disinnescare. Circa un terzo degli azionisti del brand inglese ha votato contro il pacchetto di bonus che il gruppo vuole riconoscere al top management. Un mal di pancia che cova da mesi, cui Burberry ha provato a porre un argine spiegando con un documento ufficiale perché lo stilista Christopher Bailey meriti un premio da 5,4 milioni di sterline e la COO Julie Brown uno da oltre 2 milioni. “Per stare sul mercato globale ed essere attrattivi per dirigenti di un certo prestigio, c’è bisogno di riconoscimenti di questo livello” sarebbe la posizione del gruppo. Ma per un brand che viene da stagioni economicamente non felici, gli azionisti chiedono misure economicamente sostenibili. A proposito di sostenibilità, nel report sulla Corporate Responsibility presentato il 12 luglio, Burberry scrive di collaborare a stretto contatto con 3 concerie da Europa e Asia (in base a precedenti report, di Italia, Spagna e Cina) sul tema dell’impatto ambientale. Il brand, celebre al mondo per i trench, vuole investire sul Leather Business, in virtù dei buoni risultati che sta portando al gruppo. Per farlo in maniera responsabile, Burberry si è posto diversi obiettivi strategici: tra i prioritari nel prossimo futuro, c’è quello della tracciabilità dei materiali dall’allevamento al macello. Il gruppo inglese riporta che il 77% delle pelli che impiega per i suoi accessori provengono da concerie certificate da ICEC, l’Istituto di Certificazione dell’area pelle, e Leather Working Group.

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