Frida Giannini: con marketing e bruttezza il lusso non va lontano

Frida Giannini: con marketing e bruttezza il lusso non va lontano

Certo, il suo è il punto di vista di chi, da un po’, è fuori dai grandi giri. Ma a proposito di alta moda, Frida Giannini, ex direttrice creativa di Gucci, sa da dove ripartirebbe, e da dove sicuramente no. Bisogna saper stare coi piedi nel proprio tempo, quindi non biasima le colleghe con una certa attenzione agli aspetti commerciali (come Maria Grazia Chiuri) e non biasima il coinvolgimento delle influencer (come ha fatto Tod’s con Chiara Ferragni). Ma sa che marketing e bruttezza, se così vogliamo definire la nuova estetica, non porteranno lontano il lusso. “Un tempo fuori delle sfilate i paparazzi erano lì per le celebrity – dice a Il Messaggero –, adesso fotografano gente che si acconcia solo per farsi vedere”.

Marketing e bruttezza

A proposito dell’estetica della bruttezza, dicevamo, Giannini ci vede un’opportunità di comunicazione. Ma non un fenomeno in grado di fare la storia. “Non è stato inventato nulla. Ne parlava già il filosofo Karl Rosenkranz a metà Ottocento – spiega –. Mi spaventano questi casting dove sembra che i modelli abbiano una qualche malattia. Ma non se ne può più nemmeno delle collaborazioni, che sono solo fenomeni di marketing. Esattamente come lo è scegliere un direttore creativo solo per i follower”. Proprio il marketing sta spingendo i marchi a strategie di stile e di distribuzione definibili come poco lungimiranti: “Si pensa di fidelizzare un cliente fin da giovane – osserva Giannini, in riferimento all’ossessione per la Gen Z –. È una stupidaggine, perché i ragazzi sono volubili. Così le veri clienti fisse, quelle dai trent’anni in su, si ritrovano a non riconoscersi più in un brand e vanno altrove. Anche dei loghi non se ne può più. La gente ha voglia di cose belle. Adesso sembra sempre Carnevale, non so dove sia andato a finire il buongusto”.

 

 

Il lusso che apprezza

Non ci sono solo marketing e bruttezza tra i pensieri di Giannini. Quando le chiedono chi stima nell’attuale scena della moda, risponde sicura: “Dolce&Gabbana, che continuano a fare un prodotto di altissimo livello e stanno puntando sempre più sul lusso – non solo –. E, poi, c’è Maria Grazia da Dior, che ha rinfrescato un marchio storico e che rende le donne belle. Io quando ho un’occasione mi vesto da lei”. Proprio Chiuri, però, è accusata di essere troppo commerciale: “Tutti creiamo per vendere – la difende Giannini –. Lei ha reso desiderabile tutto il mondo Dior. E non è facile raggiungere certe posizioni, tanto più per una donna”. Proprio un certo piglio pragmatico consente all’ex stilista di Gucci di guardare con un buon occhio gli influencer. “Credo siano necessari. Basti vedere come è balzato in borsa Tod’s una volta che nel CdA è entrata la Ferragni. Arrivano a tante persone e senza la comunicazione digitale non si può stare”.

La carriera

È da febbraio 2015 che Frida Giannini ha lasciato la guida di Gucci. Questo non vuol dire che ha lasciato la moda. “Sto facendo collaborazioni che mi hanno ridato l’entusiasmo per questo lavoro dopo il disgusto – si confida con il Messaggero –. Mi hanno contattata in tanti, ma non mi hanno convinta. Anche i marchi silenti, che hanno un nome e che sarebbe bello far rinascere. Sto lavorando a un progetto per uno di questi. Ma un direttore creativo non può risolvere tutti i problemi”. Per rivederla in campo, prima firma di un grande brand, bisogna ancora aspettare. “Ho standard alti – conclude –. Mi annoierei a occuparmi di un solo settore merceologico. Nella mia testa ho già una collezione e mi piacerebbe applicarla a un brand italiano da rilanciare. Abbiamo delle manifatture meravigliose, ma tanti appiccicano la targhetta del made in Italy e poi producono chissà dove. Questa cosa mi manda in bestia, perché, allora, non sei più lusso, ma sei Zara o H&M”.

Immagine tratta da donna.fanpage.it, credit Fabio Lovino

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