I ricordi di Ferruccio Ferragamo su una famiglia divenuta brand

I ricordi di Ferruccio Ferragamo su una famiglia divenuta brand

È interessante leggere i ricordi di Ferruccio Ferragamo. Perché il manager, oggi 77enne (in foto Imagoeconomica), ripercorrendo le epiche gesta del padre Salvatore, partito dall’Irpinia per diventare calzolaio apprezzato in due continenti, e della famiglia racconta, in controluce, il processo di nascita di una multinazionale. E la trasformazione di un’azienda di calzature in un marchio lifestyle.

I ricordi di Ferruccio Ferragamo

“Mio padre Salvatore è partito dal nulla – racconta a Il Corriere della Sera –. Andavo malissimo a scuola. Papà diceva che quattro mesi di vacanze scolastiche erano troppi. Ero in quinta elementare. Mi portò a Palazzo Feroni, nel salone c’era il magazzino spedizioni. Mi disse di inchiodare le casse per spedire le scarpe. Ne produceva 80 paia al giorno”. Guardare quelle calzature fu un rito iniziatico: “Erano tutte diverse – continua –. Faceva così: guardava negli occhi la cliente mentre teneva nelle mani i piedi. Si era iscritto ad Anatomia, per studiare la struttura del piede. Era un genio creativo e psicologo. Lo osservavo e vedevo nascere i modelli, avevo 10 anni e facevo perdere tempo a tutti”.

 

 

Quando papà se n’è andato

Era il 7 agosto 1960 quando Salvatore Ferragamo passò a miglior vita. “Alla sua morte, nessuno tra noi sei fratelli e sorelle era in età da lavoro – dice il presidente della holding che controlla il brand –. Allora producevamo solo scarpe da donna, il 50% su misura”. Fu la madre, Wanda Miletti, a cambiare il corso della storia. “Inventò una nuova azienda, oltre le scarpe. Fiamma si dedicò alle borse, Giovanna ai vestiti, Fulvia ai gioielli, alla seta e alle cravatte, Leopardo ai mercati esteri e alle scarpe da uomo, settore in cui diventammo presto il numero uno nella fascia alta. Massimo poi si concentrò sugli Stati Uniti”.

E Ferruccio?

Il primo incarico di Ferruccio Ferragamo fu “sistemare le soffitte di Palazzo Feroni, piene di scarpe invendute, avanzi dei nostri 12 negozi. Mamma mi promise il 10% dell’incasso”. Dal compito nacque un’intuizione culturale: “Ingaggiai due operai, che mi fermarono: Signorino, queste scarpe non le sa fare più nessuno, mettiamo da parte qualche modello. Grazie a loro abbiamo iniziato a costruire il nostro archivio e il museo”. In seguito Ferruccio si occupò della logistica. “Premiai un ragazzino, di nome Primo, che faceva le commissioni impiegando metà del tempo degli altri. Gli chiesi di gestire il magazzino spedizioni, fece una rivoluzione, diventò il capo dei magazzini di New York e Hong Kong – conclude –. È di Firenze, dove c’è il controllo qualità della merce. Ora è in pensione, ho assunto la figlia Lucia, un fulmine come lui”.

 

Leggi anche:

CONTENUTI PREMIUM

Scegli uno dei nostri piani di abbonamento

Vuoi ricevere la nostra newsletter?
iscriviti adesso
×