Il ceo di Fendi rassicura: le acquisizioni non intaccano le radici italiane del lusso. “Con LVMH così è stato, così sarà”

“Da quando Fendi è diventata parte del mondo LVMH, Bernard Arnault è stato chiarissimo, sarebbe stato un impegno a lungo termine, per rendere il marchio sempre più forte, con le sue radici italiane intoccabili e parte integrante della sua natura: così è stato, e così sarà”. Quando chiedono a Serge Brunschwig, ceo e presidente della griffe romana, dell’identità del lusso italiano nel panorama attuale, probabilmente pesano gli echi della recente acquisizione di Versace, con il fisiologico corollario di dibattito sulle prospettive del fashion system nostrano. Certo, il percorso di Fendi, dal 2001 controllata dalla conglomerata francese del lusso, è un percorso globale: la longeva esperienza di “monsieur Lagerfeld è l’esempio di questa natura straordinariamente flessibile, internazionale, fatta di creatività pura”, riconosce lo stesso Brunschwig. Il ceo di Fendi, parlando al Corriere della Sera, si sente di rassicurare la filiera dello Stivale: il lusso è “arte contemporanea e tradizione del savoir faire italiano. Il made in Italy è al centro del mondo del lusso. Il lusso qui ha creato, crea e creerà posti di lavoro, indotto, prestigio”.

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