Il lusso è così esclusivo da aver tagliato fuori non solo i clienti che ambiscono a consumarlo, ma anche i brand che vorrebbero farne parte. Ne soffre la filiera produttiva, per il contemporaneo alzarsi dei prezzi e ridursi dei volumi di vendita. Ma è così che si è orientato il business: gli ultra-ricchi, quelli che ancora tengono in piedi il mercato, ritengono la qualità dei prodotti non è negoziabile, ma a fronte di una maggiore trasparenza della filiera.
Il lusso è così esclusivo
L’8 luglio a Milano si sono svolti due eventi: la cerimonia inaugurale di Milano Unica e l’Altagamma Consumer & Retail Insight. Entrambo con protagonista il lusso e le società di analisi. Che convergono sul fatto che il settore del lusso stia ancora perdendo i consumatori aspirazionali, diventando sempre più dipendente dagli ultra-ricchi (ai quali, però, non tutti i marchi sono in grado di rivolgersi). Gli HNWI (“High Net Worth Individuals”, persone con un patrimonio di almeno 1 milione di dollari) costituiscono appena lo 0,1% dei consumatori ma valgono il 37% delle vendite del lusso grazie ad una spesa media annua di 360.000 euro. Il report “True-Luxury Global Consumer Insight” di Boston Consulting Group afferma che gli ultra-ricchi cresceranno sia numericamente (+9% entro il 2030) che nel patrimonio (+8% entro il 2030). Lo riporta Il Sole 24 Ore.
Gli aspirazionali indietro
Viceversa, il lusso sta perdendo contatto con i clienti aspirazionali (quelli che spendono meno di 5.000 euro l’anno per i prodotti di alta gamma). Nel 2013 rappresentavano il 74% dei consumi del settore, oggi valgono il 61%. Il 35% di loro, intanto, dichiara di aver ridotto la spesa in beni di lusso negli ultimi 18 mesi anche a causa degli aumenti dei prezzi. Per fortuna del made in Italy, 9 clienti alto spendenti su 10 ritengono la qualità del prodotto un elemento imprescindibile, anche se valutano la trasparenza della catena di approvvigionamento spesso carente.
Volumi/valori
Claudia d’Arpizio di Bain & Company afferma che il primo trimestre 2025 del lusso si è chiuso con una riduzione dei ricavi del 5%. E poi spiega con semplicità cosa sta accadendo. “Nel 2024 i volumi dei beni di alta gamma si sono ridotti del 20-25%. Per compensare il calo, i marchi hanno aumentato i prezzi. Una mossa che ha generato meno produzione e distribuzione”. Ne ha risentito la filiera produttiva italiana. “Ad insidiare la filiera c’è anche un orgoglio crescente del made in China. Il nostro vantaggio competitivo rischia di essere perso” ammonisce la stessa d’Arpizio. Secondo la quale, per effetto della fuga dei consumatori aspirazionali “nel 2024 il lusso ha perso 15 milioni di consumatori su circa 400 milioni medi annui”. Scrive Fashion Network che per l’analista di Bain: “C’è grande disconnessione tra la percezione del valore del prodotto e il suo prezzo, cresciuto molto a dispetto della scarsa creatività. Oggi il lusso genera avversione perché considerato inaccessibile. L’industria deve correggere questo errore culturale e politico”. (mv)
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