Le griffe costrette a scelte impopolari, quando anche Hermès lotta

Le griffe costrette a scelte impopolari, quando anche Hermès lotta

Il sistema del lusso è in buona parte europeo, ma solo il costo del prodotto è in euro (o franchi svizzeri). Quando si parla di vendite, osservano da Bernstein, le griffe fatturano in maniera significativa in dollari o in valute legate al dollaro. Per questo, ora che la moneta statunitense è in fase di debolezza, le stesse griffe sono costrette a scelte impopolari per difendere la marginalità. Quali? Innanzitutto, alzare ancora i prezzi. La pressione arriva quando la congiuntura dell’alto di gamma resta complessa: al punto che Barclays taglia la stima di Hermès, pur riconoscendo che la maison è tra quelle che meglio performano sul mercato.

Costrette a scelte impopolari

Il dollaro negli ultimi tre mesi ha ceduto il 5% sull’euro e il 9% sul franco svizzero, scrive Bernstein. Dal cambio sfavorevole il lusso perderebbe in media il 3%: non senza combattere in difesa dei margini, c’è da aspettarsi. Le risorse a disposizione per farlo non sono tante, osserva il team di analisti guidato da Luca Solca: in parte potranno coprire il rischio con operazioni di “hedging”, ma per lo più alzeranno i prezzi. “Pur consapevoli (alla luce di una querelle ormai lunga mesi sulla sostenibilità dei continui rialzi dei listini, ndr) di andare incontro a venti contrari”.

 

 

Il momento negativo

La congiuntura del lusso, d’altronde, continua a essere a dir poco complessa. Barclays, ad esempio, in attesa dei risultati del secondo semestre riconosce che Hermès stia “sovraperformando il mercato”. Il fatto che la griffe stia andando meglio delle concorrenti non implica, però, che stia andando bene in assoluto. “Riduciamo leggermente le nostre attese per riflettere meglio i persistenti problemi macroeconomici”, recita la nota della banca. Come riporta MFF, gli esperti di Barclays hanno “anche ridotto dell’1% le attese sui ricavi annui”.

Foto da Hermès

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