Online vade retro, online mon amour: Céline apre il portale di e-commerce, Chanel invece no

Una griffe ci arriva per ultima. Un’altra proprio non ci vuole entrare. Perché c’è un lusso che crede che l’online sia una dimensione necessaria e un altro che non ne vuole (ancora) sapere, ritenendolo pericoloso per la propria reputazione. Chi ci entra, ultimo della fila per quanto riguarda la scuderia di brand in portafoglio al colosso LVMH, è Céline. La nuova ceo, Severine Merle (a sinistra nella foto), subentrata all’italiano Marco Gobbetti, ora alla guida di Burberry, darà il via in questi giorni alla prima esperienza diretta di e-commerce della griffe francese (fatturato probabile: circa 800 milioni di euro, LVMH non lo comunica, considerandolo parte integrante dei propri conti). Il portale Céline proporrà abbigliamento, calzature e accessori di pelletteria. Sarà accessibile in prima battuta solo dalla Francia, per poi aprirsi a Europa e Stati Uniti nel 2018. Chi invece di online e digital sales non ne vuole proprio sentire parlare è Chanel. Pochi giorni fa il suo presidente, Bruno Pavlovsky (a destra nella foto) ha ribadito a Bloomberg, come fatto a più riprese nel recente passato, che “non sto dicendo che non ci arriveremo un giorno, ma lo faremo quando penseremo che nell’e-commerce c’è davvero del valore aggiunto”. Trattasi, in sintesi, di una questione di reputazione. L’idea di lusso che Chanel esprime è intrinseca al concetto di “esclusività –  dice Pavlovsky -: se dai tutto subito, come in rete, la perdi”. Niente moda digitale, quindi, per la griffe, che online vende profumi, prodotti di makeup e eyewear e propone ai clienti soltanto servizi di prenotazione online di abiti e accessori da andare poi a provare “fisicamente” in boutique.

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