Parola di McKinsey: nell’e-commerce l’accessorio non ha limiti, il lusso sì perché la boutique rimane centrale

La penetrazione dell’e-commerce nel lusso sembra come l’universo: in continua espansione. Oggi vale 20 miliardi di euro (l’8% totale), arriverà a valerne 27 nel 2020 (+12%) e 74 nel 2025. Che c’è da aspettarsi? Un domani il canale digitale rappresenterà la quota del 99,99% della distribuzione dell’alto di gamma? O c’è un limite fisiologico alla sua penetrazione? “Non credo che nel lusso avrà lo stesso impatto che ha avuto sull’elettronica, perché l’esperienza nel negozio e il toccare il prodotto, rimangono attributi positivi – spiega a MFF Antonio Achille, global head of luxury di McKinsey&Company, che ha di recente pubblicato il report The Age of Darwinism –. Quindi crediamo che al massimo potrà arrivare al 30%”. Il digitale, assicura Achille, non è una faccenda che si limita al retail: sta trasformando anche le logiche produttive della filiera della moda: “L’e-commerce ha smesso di essere un semplice canale di vendita, ma è diventato uno stress test per ogni segmento aziendale – è l’opinione del manager –, uno strumento per rendere tutto l’insieme del brand più agile e funzionale”. Quale tipologia di prodotto gode dei migliori risultati? “La parte più dinamica rimane quella degli acquisti ripetuti, come la cosmetica – conclude Achille –, ma anche gli accessori stanno funzionando bene, è un segmento dove il negozio serve quasi esclusivamente da showroom”.

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