Per Church’s la pelle è il futuro del brand: no alla “sneakerizzazione” e sì alla tradizione artigiana

Sono due i binari lungo i quali Anthony Romano, ceo di Church’s, intende sviluppare il brand. In generale, rispettare l’identità del marchio senza che però il mandato si traduca in una piatta rivisitazione museale del design. In particolare, un’aderenza allo stile elegante e sobrio che prevede la resistenza a quella che Romano definisce la “sneakerizzazione del mercato”: allora niente scarpe sportive, niente sacche in nylon, nessun ammiccamento allo streetwear che sta egemonizzando la moda di lusso. Il ceo di Church’s (gruppo Prada) lo ha spiegato a Londra durante la presentazione della linea St James, collezione che già presenta una apertura agli accessori (vi compaiono cartelle da laptop, borse, zaini) spia di come l’estensione dell’offerta sia una freccia nell’arco del brand. Ancor di più la linea St James dimostra un trionfo dell’impiego della pelle. D’altronde, per Church’s la pelle è nel DNA del brand e dell’azienda. “Gli artigiani che lavorano a Northampton lavorano per Church’s da quando erano ragazzi, da decenni – ha spiegato Romano al Corriere della Sera –. È un lavoro che fanno da una vita, spesso l’unico che hanno fatto e che faranno fino alla pensione. Più invecchiano più diventano bravi e capaci di insegnare ai giovani che adesso entrano in azienda”. Un patrimonio, insomma, che non si può disperdere all’inseguimento dell’ultima moda: “Gli artigiani Church’s sono un tesoro inestimabile – conclude Romano –: tanti di loro lavorano da noi perché lavorava da noi il padre, o la madre, i loro nonni. Quante aziende hanno questo capitale umano? La mia responsabilità è portare questo tesoro nel futuro”.

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