Per Piccioli (Valentino) Versace “rimane italiana”. E il vero patriottismo fashion non è contro le acquisizioni

Da quando Kors, cambiando il nome in Capri Holding, ha annunciato l’acquisizione di Versace, è ripartita l’annosa discussione sul sistema moda italiano: esiste un futuro indipendente per il fashion nostrano? Perché non è mai nata una conglomerata tricolore del lusso? A mettere un po’ d’ordine nel dibattito è chi, per il contesto in cui opera, di griffe italiane sotto controllo di capitale estero ne capisce. “Per me Versace è e rimane un marchio italiano, qualsiasi proprietario possa avere”, commenta con MFF Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, dal 2012 di proprietà del fondo Mayhoola. “Non credo che il compratore faccia diventare il brand straniero”, aggiunge.  Spiegando che a chi sbandiera nazionalismo sulla sede legale delle aziende proprietarie, preferisce chi dimostra pragmatismo negli affari: “Questa forma di patriottismo è inutile quando poi servono fondi e investimenti per competere in uno scenario che è sempre più legato anche alle forze economiche”. Per Versace, dunque, Piccioli non prevede alterazioni dell’identità: “Adoro Donatella e sono sicuro che farà benissimo. E sono sicuro che farà rimanere il brand super italiano perché lei è molto più avanti. Molto oltre il patriottismo. Ha capito – conclude – che l’azienda aveva bisogno di investimenti in questo momento per essere su un mercato che è fatto di grandi poteri economici”.

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