Ormai quasi al giro di boa del 2025, dalla soluzione al rompicapo cinese passano le fortune delle griffe. Tranne qualche rara eccezione (Prada), qui le vendite sono in calo per una concomitanza di fattori. E trovare la chiave giusta per tornare alla crescita è un’impresa ardua. Coach sembra l’abbia trovata: ma non è, forse, tutta una questione di prezzo?
Il rompicapo cinese
A volte si ha l’impressione che qualche brand avanzi semplicemente a tentativi per ritrovare il successo in Cina. Secondo Bloomberg, alcuni marchi che in passato hanno provato ad aumentare i volumi di vendita attraverso una politica di sconti più aggressiva, ora fanno marcia indietro. Hanno abbandonato gli sconti in modo da ricostruire il valore del marchio e attirare i consumatori più facoltosi la cui spesa rimane meno influenzata dal rallentamento economico. Secondo Re-Hub, nessuno dei prodotti venduti da Balenciaga su Tmall era in sconto nel primo trimestre 2025. Un netto cambiamento di direzione rispetto allo stesso periodo del 2024, quando lo sconto medio del marchio era di circa il 41%. Marchi che hanno attuato una politica simile sono Versace e Valentino. Max Peiro, CEO di Re-Hub, commenta: “Questo cambiamento non è solo operativo, è fondamentale. I marchi stanno investendo in rilevanza, desiderabilità ed esperienze premium per promuovere la fedeltà a lungo termine”.
Ma a che pensano i cinesi
Eppure, il mercato sembra andare da un’altra parte. A l’Espresso Mario Dell’Oglio, ex presidente Camera Italiana Buyer Moda e imprenditore del retail, spiega che “in Cina come in Europa, in questo momento storico vengono premiate le collezioni che rientrano in una fascia di prezzo medio tipo le seconde linee delle maison”. Collezioni e prodotti in cui c’è “coerenza del rapporto qualità-prezzo”. Vuol anche dire che ha maggiori possibilità il lusso accessibile? Può darsi, a giudicare dai risultati del gruppo Tapestry, uno dei pochi a vantare nel primo trimestre un segno più in Cina: +5%. Guardando i risultati in generale, l’holding ha chiuso il periodo con un +8% a 1,6 miliardi di dollari. Tutto grazie a Coach, i cui ricavi sono saliti del 15% a cambi costanti, in particolare in virtù delle borse a prezzo pieno. Non certo grazie a Kate Spade (-12%) e Stuart Weitzman (-17%). (mv)
Foto d’archivio Shutterstock
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