Argentina, CRV mette in crisi la pelle e 40 anni di protezionismo

Argentina, CRV mette in crisi la pelle e 40 anni di protezionismo

In Argentina il Coronavirus non ha messo in crisi solo la pelle, come nel resto del mondo. Ma anche 40 anni di protezionismo, cioè il sistema di barriere doganali issato per svantaggiare l’export di materia prima conciaria a favore di quello di pelli finite. La questione rappresenta, da sempre, motivo di attrito tra i gruppi nazionali della carne e quelli della concia. Ora che, in piena pandemia, la Casa Rosada sospende fino a fine anno l’imposta sulle esportazioni di pelli grezze per dare respiro ai “frigoríficos”, c’è chi osserva che l’intervento arriva troppo tardi. “Reagire all’emergenza non basta”, titola l’analisi di El Litoral.

40 anni di protezionismo

È dagli anni ’70, riepiloga il quotidiano, che la querelle va avanti. Il governo argentino in prima battuta ha proibito tout court l’export di materia prima conciaria. Dal 1992 sulle pelli salate si è posto un dazio del 15%, abbassato nel 2015 al 10%. L’ultimo intervento risale al 2018: quando si è notato che, sommando al dazio altre aliquote, l’imposta rimaneva comunque alta, il governo Macrì ha posto il tetto al 12%. Da lungo tempo procede il dibattito sulla completa liberalizzazione della pelle fresca, ma si è concluso finora in un nulla di fatto.

E poi la crisi

Il retaggio protezionista, osserva El Litoral, ha condizionato la filiera argentina: ha permesso alle poche grandi concerie di determinare l’andamento locale dei prezzi. La prima sospensione dei dazi, in estate, è arrivata in risposta alla crisi di mercato imposta dal Coronavirus. Crisi di mercato che rischiava di tramutarsi in crisi sanitaria: i depositi esplodevano di materiali che la concia locale non era in grado di assorbire. I trend sono inequivocabili: nei primi sei mesi dell’anno, si legge sul quotidiano, l’export di pelli finite è calato del 36% in volume. Nel bimestre luglio-agosto, il primo di sospensione del dazio, l’export di materia prima conciaria si è moltiplicato (quasi) al quadrato, passando dalle 4.000 tonnellate del 2019 alle 15.000 attuali. Ci sarebbe bisogno di più tempo, spiegano dall’Argentina, per permettere che la pelle grezza conquisti il suo posto negli scambi globali. Ma la sospensione del dazio è, dicevamo, temporanea: in questo modo il problema non può dirsi risolto.

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