Furti e necessità urgenti: allarme per la filiera dello Zimbabwe

Furti e necessità urgenti: allarme per la filiera dello Zimbabwe

Troppa materia prima importata. Cattiva gestione delle aziende. Macchinari datati. È allarme per la filiera dello Zimbabwe. Il rilancio dell’industria conciaria e calzaturiera dello Zimbabwe passa dal superamento di questi ostacoli. Ne è convinto Arnold Britten, presidente di TAFZL (Tanners Footwear Leather Manufacturers of Zimbabwe). L’associazione è nata due mesi fa dalle ceneri di LAIFEZ (Leather and Allied Industries Federation of Zimbabwe). Ai problemi strutturali del tessuto produttivo se ne aggiunge, però, anche uno (molto preoccupante) di natura esogena: oltre alle necessità urgenti, ci sono anche i furti di bestiame, in continuo aumento, ai danni dagli allevatori.

Gli ostacoli industriali
“Attualmente le industrie operanti nella filiera della pelle stanno lottando. Perché molto della loro attività dipende da beni importati. Tra cui lacci e suole per le calzature oppure prodotti chimici per la concia” spiega Britten a thestandard.co.zw. “Se vai in un negozio e guardi le scarpe prodotte qui ti accorgi che sono molto costose – riprende -. Ciò non è dovuto a un’industria troppo cara di per sé, ma agli elevati costi che deve affrontare. Per questo facciamo molto affidamento sulle importazioni, e ciò si riflette poi sui prodotti”. Tante aziende si trovano a lavorare con materie prime di bassa qualità. “Ecco perché molte aziende finiscono in amministrazione controllata o si trovano costrette a chiudere” aggiunge il presidente di TAFZL. L’intero settore, dunque, secondo Britten “ha bisogno di essere rinnovato. Abbiamo bisogno di accesso a valuta estera e una fornitura costante di energia. Ma prima dobbiamo affrontare i problemi tra di noi. Come associazione stiamo cercando di far cambiare mentalità agli imprenditori per fare in modo che vedano nei loro colleghi dei partner e non dei concorrenti”.

Furti e sospetti
“Ho perso un grosso bue marrone. Per me è stata una grande perdita e non mi sono ancora ripreso, né emotivamente né finanziariamente”. Quello di cui è rimasto vittima Ranganai Sivangani, un piccolo allevatore di Chirumanzu (provincia delle Midlands), è uno dei più recenti casi di furto di bestiame che affliggono lo Zimbabwe. Negli ultimi anni si sono registrati numerosi episodi simili, al punto che qualche allevatore ha iniziato a sospettare che la polizia sia complice dei ladri e che, dietro ai colpi, si nasconda l’intenzione di boicottare le aziende più piccole. Nel caso di Sivangani il furto è avvenuto il 10 ottobre scorso, a solamente un chilometro dalla stazione di polizia di Charandura, a cui l’allevatore si è rivolto sporgendo denuncia il 28 ottobre. “Alcuni agenti hanno dato vita a quello che loro chiamano il beef club – racconta allo stesso quotidiano Lovemorre Gundani, un altro allevatore -. Vendono la carne bovina alle persone sostenendo di aver acquistato del bestiame dagli abitanti dei villaggi e averlo macellato. Noi crediamo si tratti della carne degli animali che ci sono stati rubati”.

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