Il consumatore l’ha capito: non è green rinunciare alla carne

Il consumatore l’ha capito: non è green rinunciare alla carne

Per tutelare l’ambiente non serve rinunciare alla carne. Il centro studi Ipsos Global Advisor ha condotto un sondaggio su scala internazionale. Dalla ricerca emergere che due terzi della popolazione è preoccupata per i cambiamenti climatici e s’impegna per la tutela dell’ambiente. Ma non ritiene che l’alternativa vegetale alla carne sia la più ecologica. Il sondaggio arriva in concomitanza con una discussione a cui hanno partecipato illustri scienziati, secondo i quali il consumo di carne non va ridotto in assoluto ma solo redistribuito. In quelle zone del mondo dove se ne consuma poca va aumentato, in altre va leggermente ridotto.

Quindi: non serve rinunciare alla carne

Due terzi della popolazione mondiale si preoccupa dei cambiamenti climatici. Ma solo una parte minoritaria pensa che sostituire la carne con un’alternativa vegetale sia una soluzione. Ipsos Global Advisor ha condotto la ricerca tra il 18 febbraio e il 4 marzo intervistando 24.000 persone in 31 Paesi. Il 68% dichiara di essere preoccupato per il clima nel proprio Paese, ma solo il 44% ritiene che mangiando meno carne o sostituendola con alternative vegetali potrà aiutare a risolvere il problema.

Differenti vedute

Le differenze tra Paese e Paese non mancano. Il 64% dei peruviani afferma che probabilmente mangerà meno carne, seguiti da Messico (61%) e Cina (60%). All’altro estremo della scala, solo il 29% di giapponesi e canadesi sostiene la stessa cosa, come i cittadini di Francia, Polonia e Stati Uniti (tutti pari al 33%).

 

 

Ridurre la carne? No, redistribuirla

Nel frattempo continua il dibattito tra gli esperti internazionali. Secondo uno studio dell’Università di Bonn (Germania), gli effetti positivi del consumo di carne dipendono dalla quantità consumata e dalla regione del mondo in cui ci si trova. I ricercatori sostengono che un contributo complessivamente positivo, sotto tutti i punti di vista, non deriverebbe dalla riduzione del totale di carne consumata nel mondo. Ma dalla redistribuzione di tale consumo. In alcune aree l’incremento del consumo porterebbe almeno due importanti vantaggi. “Se i prati non sono utili a nessun altro scopo, ha perfettamente senso usarli come pascolo per il bestiame” spiega il dottor Martin Parlasca, come riporta foodnavigator.com. Inutile, poi, imporre la dieta vegetariana all’intero pianeta. “Nelle regioni più povere del mondo le fonti vegetali di proteine e micronutrienti di alta qualità sono scarse. Qui il consumo di carne aiuta a ridurre le carenze – continua Parlasca -. In questi casi gli animali sono spesso un elemento chiave per una dieta sana. Per molte persone sono anche un’importante fonte di reddito”. (art)

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