Scozia, terrore Brexit sulla filiera: “Carne e pelle rischiano grosso”

L'allevamento bovino scozese teme che Brexit possa portare a un crollo della sua attività

Allarme rosso tra gli allevatori scozzesi. La causa? Brexit. La possibile uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sta facendo già sentire i propri effetti nella regione settentrionale britannica, dove le aziende di bestiame sono sotto pressione, da un lato per il calo delle vendite di carne – e, quindi, l’assottigliamento delle mandrie – e dall’altro per la diminuzione del prezzo di vendita delle pelli, a cui si somma un calo della domanda a livello globale.

Il terrore degli allevatori
“Gli ultimi dati mostrano un calo del numero di vitelli del 2% e se aspettiamo che Brexit sia compiuta avremo perso un altro 15% della produzione nazionale di bestiame” denuncia Andy McGowan, presidente della Scottish Association of Meat Wholesalers (SAMW), su globalmeatnews.com. Il progetto del governo scozzese in vista di Brexit è quello di avviare progetti pilota per capirne le conseguenze a lungo termine, ma secondo McGowan non c’è tempo da perdere e bisognerebbe applicare subito una serie di misure: aumentare i finanziamenti per l’allevamento di vitelli, rinnovare i sostegni agli allevatori di pecore montane e semplificare gli aspetti burocratici per il settore. Un allarme derivante anche dalla notifica arrivata da National Farmers Union of Scotland secondo cui i prezzi delle carni bovine hanno toccato il minimo degli ultimi 3 anni e lo stesso fenomeno si riscontrerebbe per il pellame.

Il danno per la pelle
Le entrate legate alla vendita dei prodotti non commestibili derivanti dal processo di macellazione sono una parte importante dei bilanci delle aziende, ma (come ha spiegato a thescottishfarmer.co.uk il direttore di Quality Meat Scotland, Stuart Ashworth) “i prodotti sintetici e la tendenza a usare sempre più le scarpe sportive stanno escludendo la pelle dal settore calzaturiero” e anche “nell’automotive e nell’imbottito stanno guadagnando sempre più spazio i materiali alternativi”. A ciò si devono poi aggiungere guerre commerciali e sfide globali sulla sostenibilità che, secondo Ashworth, hanno determinato un calo della domanda di pelle a livello globale, al punto che in alcune parti del mondo la materia prima di qualità più bassa viene distrutta o inviata in discarica. “Tutto ciò comporta inevitabilmente delle ricadute per i macelli – riprende Ashworth -. In Australia e USA i prezzi del grezzo, in un anno, sono crollati, in Germania il costo del bestiame è calato del 5%: il Regno Unito non è immune da queste dinamiche”.

 

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