Ai brand non perdonano niente: dopo D&G in Cina, a New York inciampano Prada (sul razzismo) e Balenciaga

Abbiamo ancora impressa l’immagine di Domenico Dolce e Stefano Gabbana che chiedono scusa al pubblico cinese per la campagna promozionale D&G trasformatasi in un enorme autogol comunicativo, che ci troviamo negli Stati Uniti Prada (soprattutto) e Balenciaga in un imbarazzo se non di pari portata, di uguale natura. Perché in tutti i casi è il pubblico dei social a rivelarsi pronto a identificare qualsiasi passo falso e scatenare reazioni virulente. Così ad esempio è da Twitter che Chinyere Ezie, avvocato dell’organizzazione no-profit Center for Constitutional Rights, ha lanciato una campagna contro Prada. L’attivista per i diritti civili, scorgendo nella boutique di Soho le scimmiette della collezione Pradamalia (550 dollari), vi ha riconosciuto il “blackface”, cioè la stilizzazione del volto di una persona di colore come rappresentata quando il concetto di politically correct non era ancora stato inventato. Si tratta di “figure immaginarie senza alcun riferimento con il mondo reale – si è affrettato a rispondere Prada –. Il gruppo non ha mai avuto intenzione di offendere qualcuno; disprezziamo tutte le forme di razzismo e l’immaginario razzista”. Intanto, però, nella pioggia di hashtag del tipo #boycottprada, il brand milanese ha preferito ritirare l’accessorio incriminato. Anche Alyssa Vingan Klein, blogger di moda, stava “innocentemente” passeggiando per le vie di New York quando ha notato la somiglianza tra le borse della collezione Resort di Balenciaga e i souvenir turistici prodotti da un’azienda della Grande Mela, City Merchandise. Ed è proprio sulla scorta del tweet di Alyssa che l’azienda, sentendosi vittima di plagio, ha citato in giudizio la griffe del gruppo Kering per aver “con piena volontà, intenzionalmente e con proposito” sgraffignato stile e design per vendere un prodotto “virtualmente indistinguibile”. Se in prima battuta Balenciaga si è difesa sostenendo che City Merchandise non poteva dimostrare il copyright delle immagini, così come le vedute della Statua della Liberta e del paesaggio newyorchese non sono proprietà privata, ora dalla stampa internazionale arriva la notizia che le due parti hanno raggiunto un accordo extragiudiziale. I dettagli, però, sono riservati.

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