Il tatticismo di Jean Paul Gaultier: addio pelliccia (domani) e pelle (sul serio?). Ma ne usa poca e la stampa non abbocca

L’annuncio (perché al momento di questo si tratta: indicazioni operative ufficiali non ce ne sono) è arrivato sabato scorso dal salotto di “Bon Soire!”, talk dell’emittente francese Canal+. Jean Paul Gaultier si è impegnato a trasformare le sue collezioni in fur e, forse, anche leather free. Già, perché all’intervistatrice che gli chiede conto dell’uso dei materiali animali nelle sue collezioni, lo stilista, fondatore dell’omonimo marchio, risponde: “Ebbene, vi annuncio che vado a rimediare a questa cosa”. Ci sarebbe da cavillare sul fatto che Gaultier, nella risposta, si concentri sulla pelliccia (di cui riconosce, oltretutto, maggiore “sensualità” delle alternative sintetiche), lasciando sullo sfondo la pelle. Ma non è questo il punto: qui ci interessa come la sortita è stata recepita dal sistema associativo e mediatico che ruota intorno alla moda. Dunque, si annota in volata la soddisfazione di PETA, che vede l’ennesimo vip del fashion system allinearsi ai suoi dettati: una campagna che, come vi raccontiamo sul n. 36 de La Conceria, fa molti proseliti a discapito del buon senso. Si registra, al contempo, la risposta di Mark Oaten, ceo di Internationa Fur Federation, che accusa Gaultier di “scarsa coerenza”: “Dovrebbe rivalutare il ruolo della pelliccia quale materiale naturale e sostenibile e totalmente biodegradabile – le sue parole –, a differenza dell’alternativa fake che è in plastica con un forte impatto ambientale”. Ma, quello che sorprende, è la reazione lucida di parte della stampa a un tipo di annuncio che (di solito) suscita facili entusiasmi vegan friendly. Questa volta invece i contrappunti a Jean-Paul non mancano. Fashion Network, in un pezzo che nei credit registra il contributo di AFP e Relaxnews, ricorda che il brand Gaultier dal 2014, cioè da quando ha chiuso la linea prêt-à-porter, non produce più calzature e accessori: di pelle e pelliccia già non ne usa granché, quello che è in programma per l’invernale 2019/2020 non sarà un grande sacrificio. Ancor di più l’edizione online di “D la Repubblica delle Donne” sottolinea come a certe “svolte green” le griffe arrivino in maniera troppo leggera: “Ma resta un problema: adottare delle alternative che siano davvero sostenibili – si legge nell’articolo –. La pelliccia sintetica è prodotta con fibre derivate dal petrolio che nella maggior parte dei casi hanno un impatto ambientale molto alto, mentre quella definita ecologica è prodotta prevalentemente a base di cotone la cui coltivazione intensiva ha però un impatto ambientale altissimo”. Insomma, se l’addio alla pelliccia è spesso per i brand un facile argomento di marketing, il gioco comincia a non funzionare più.

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