Perché non si parla di ristori per chi perde crediti in Russia?

Perché non si parla di ristori per chi perde crediti in Russia?

Ci sono aziende della moda italiana che vantano crediti in Russia e non sanno se li incasseranno, né come. Ci sono aziende che hanno costruito negli anni relazioni commerciali con i Paesi CSI. E ora vedono le stesse relazioni spazzate via in una settimana dalla guerra in Ucraina e dalle conseguenti sanzioni contro Mosca. Ci sono enti fieristici costretti a rimandare sine die gli eventi nell’area. Un pezzo importante del made in Italy soffre le conseguenze del conflitto. È ora che si cominci a parlare di ristori e di sostegni, per evitare conseguenze peggiori.

Un’altra crisi all’orizzonte

Durante un incontro a Roma con il viceministro dello Sviluppo Economico, il senatore Gilberto Pichetto Fratin, i vertici di CNA Federmoda hanno cominciato a sollevare la questione. Dopo due anni di pandemia, lo scenario bellico non si pone semplicemente come un fattore di ritardo della ripresa, ma come una minaccia esiziale. L’associazione chiede il sostegno per le piccole e medie imprese del made in Italy. A cominciare da una “misura ad hoc finalizzata a sostenere la rinegoziazione dei debiti nell’ambito delle misure di potenziamento del Fondo di Garanzia portando i prestiti Covid e Sace dai 6 ai 10 anni automaticamente”.

 

 

Sostegno a chi perde crediti in Russa

Due anni di pandemia ci hanno dimostrato una cosa. Che un governo, cioè, può stanziare ristori e varie forme di sostegno a favore di aziende e partite IVA che patiscono problemi non semplicemente di mercato, ma legati a questioni politiche di altro tipo. Quello che valeva ieri per le chiusure necessarie al contenimento del contagio, ha senso anche oggi che le sanzioni isolano dal punto di vista commerciale e finanziario la Federazione Russa. Le imprese italiane non possono essere lasciate sole.

Immagine Shutterstock

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