Brenta, CGIL come Trump: “Tasse per chi delocalizza”. Badon (Acrib): “Chiediamoci perché è così caro produrre qui”

Tassare con imposte ad hoc le aziende della Riviera del Brenta che delocalizzano la produzione calzaturiera all’estero. È questa l’ultima proposta, molto “trumpiana”, avanzata dal segretario locale della Filctem Cgil Riccardo Colletti, che accusa gli imprenditori rivieraschi di realizzare profitti impoverendo il territorio e immagina di poter stimolare Regione, Comuni e Città Metropolitana per imporre i nuovi tributi. Secondo il sindacato, “circa il 30% delle imprese ha in atto forme parziali o totali di delocalizzazione della produzione” che si concentrerebbe in particolare nei paesi balcanici: Macedonia, Albania, Serbia e Montenegro. Immediata la replica del presidente Acrib, Siro Badon, il quale spiega che “in Riviera del Brenta esistono diversi tipi di produzione e mentre alcune aziende hanno delle fasce di prezzo alte, per altre esse sono più basse”. Ciò determina che “per riuscire a far tornare i conti queste aziende sono costrette a spostare parte della produzione dove costa meno” e inoltre la questione si intreccia con “specifiche politiche industriali”. “Chiediamoci invece come mai è così caro restare a produrre qui – prosegue Badon – oppure le ragioni per le quali si puntano gli occhi sulla Riviera del Brenta, ma non a 6 o 700 chilometri da qui, dove è possibile trovare le stesse scarpe che produciamo noi ma al 40% in meno”. A cavallo tra le province di Padova e Venezia operano 520 aziende che danno lavoro a 10.032 operai. Nel 2016 la produzione ha raggiunto le 19,4 milioni di paia di scarpe con un fatturato di 1,88 miliardi di euro (92% di export). Complessivamente il sistema calzaturiero rivierasco realizza il 57,9% del fatturato regionale e il 18,1% di quello nazionale. (art)

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