Brexit, il brodo s’allunga: la Corte Suprema sconfessa Theresa May, serve il voto del Parlamento. E le aziende restano al palo

La telenovela Brexit si arricchisce di un nuovo capitolo: l’uscita degli UK dall’UE deve essere approvata dal Parlamento, perché il referendum dello scorso giugno aveva solo valore consultivo. La Corte Suprema inglese ieri ha bocciato il ricorso del premier Theresa May (nella foto) contro la sentenza dell’Alta Corte di Giustizia del Regno Unito che ha stabilito che il voto referendario per la Brexit debba essere ratificato dal Parlamento. I retroscenisti politici si interrogano, numeri alla mano, per capire se dal voto delle Camere possano uscire sorprese, fino all’ipotesi di una clamorosa bocciatura dell’esito referendario. Le certezze, al momento, sono due. I tempi perché Londra si appelli all’art. 50 del trattato di Lisbona e dia inizio all’iter per la Brexit (che dura almeno due anni) sono ulteriormente diluiti, perché è difficile che l’Esecutivo possa procedere già dal prossimo marzo, come annunciato. La seconda è che il premier May, nel corso dei dibattiti parlamentari, sarà costretta ad entrare maggiormente nel dettaglio a proposito di come intenda condurre i negoziati con Bruxelles. Intanto, come dalla scorsa estate, anche se solo come riflesso sulle oscillazioni valutarie della sterlina, Brexit continua a condizionare gli interscambi commerciali tra l’Inghilterra e i Paesi della Comunità Europea.

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