Innanzitutto la cronaca. Il premier britannico Theresa May ha firmato la lettera per la notifica dell’articolo 50 del trattato di Lisbona. Quando l’ambasciatore britannico a Bruxelles oggi la consegnerà al presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, l’iter per la Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’UE sancita dal referendum del 23 giugno, inizierà davvero. Le trattative che ridefiniranno i rapporti tra l’Inghilterra e il Vecchio Continente dureranno due anni. E non si annunciano negoziati facili: “Per la Gran Bretagna sarà molto costoso lasciarci”, ha commentato Manfred Weber, il capogruppo del PPE all’Europarlamento. Il biennio di incertezze non solo promette ripercussioni sulla stabilità interna del Regno Unito (il Parlamento scozzese ha votato a favore dell’indizione di un nuovo referendum per l’indipendenza di Edimburgo). Ma anche sull’industria della moda. Un report pubblicato dal Parlamento inglese segnala che i settori che risulterebbero maggiormente danneggiati da un’Inghilterra non in relazioni di libero scambio con l’Europa sarebbero telecomunicazioni, turismo e, appunto, il fashion, comparti che insieme nel 2015 rappresentavano il 32% delle esportazioni di Sua Maestà.
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