Flexitarians, semi-vegetarians = riduzionisti

Negli Stati Uniti si definiscono “flexitarians”, o “semi-vegetarians”, e secondo una ricerca di Innova Market Insights sono una quota di mercato in crescita. In Italia si chiamano “riduzionisti”: sono quelli che, volendo prestare più attenzione all’alimentazione senza abbracciare del tutto lo stile di vita vegetariano, riducono (ma non eliminano) il consumo di proteine animali. A chi la pratica sembra una scelta di buon senso, che tutela la salute senza cedere agli estremismi. Ma neanche il riduzionismo fa bene. «A parte casi specifici, legati ad esempio alla presenza di allergie, ogni alimento è idoneo se consumato in quantità adeguata e inserito in una dieta bilanciata». Lo ha affermato Laura Rossi, nutrizionista del Crea Nut, l’ente di ricerca che elabora le linee guida italiane sull’alimentazione, durante l’ultimo congresso nazionale del SINU, Società italiana di nutrizione umana. Sono le premesse culturali alla scelta riduzionista il problema, prosegue Rossi: «Non ci piace la contrapposizione buono cattivo tra vegetale e animale, tra l’olio di palma e il burro, tra l’amido e lo zucchero, o quant’altro. Il componente non è necessariamente sano di per sé; ciò che dobbiamo fare è costruire una dieta che lo sia». Mangiamo tutto, e mangiamolo nella giusta misura. Senza rinunce. (rp)

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